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di e con Angela Iantosca

Se questo è un Natale

LATINA –  ASCOLTA RADIO LIBERA qui o su Radio Luna il mercoledì e in replica il sabato alle 11

di Angela Iantosca

Sono passati anni da quando sono arrivate le prime denunce. Sono passati anni dalla rivolta di Rosarno e poi dalla strage di Castel Volturno. E siamo ancora qui. Qui a parlare di diritti negati, di sfruttamento, di ingiustizie, di mala accoglienza.

Sono passati quasi due anni anche dalla manifestazione di Latina che ha visto scendere in piazza migliaia di braccianti indiani guidati da Gurmukh Singh, voce della comunità indiana presente nella provincia pontina. Eppure, a fronte di qualche cambiamento, di maggiore consapevolezza, di alcune denunce, ora chi lavora nei campi della pianura pontina e che prendeva 2,50 o 3 euro all’ora, spesso viene pagato 20 euro al giorno, lavorando più di dieci ore. A cosa sono servite, dunque, le battaglie e quella manifestazione?

Gli indiani, quelli che hanno preso coscienza, i più consapevoli dei propri diritti, ora sono coloro che vengono assunti per ultimi, perché considerati problematici. E nonostante la legge 199 contro il caporalato, si continuano a rilevare ingiustizie diffuse: sia nelle condizioni abitative, sia nei pagamenti, spesso ritardati di mesi, sia nelle ore di lavoro. E non solo a Latina, anche Cosenza, Grosseto, Pescara e in Veneto… Un sistema di sfruttamento del lavoro che non fa che essere continuamente rafforzato dalla mala accoglienza. Come hanno spiegato alla Camera dei Deputati martedì 19 dicembre Marco Omizzolo e Gurmukh, una manifestazione che ha visto presenti alcuni braccianti di Latina che, dopo aver lavorato nei campi, hanno deciso di prendervi parte, di esserci. “Se l’accoglienza non funziona – hanno spiegato – tutto questo diventa sistema”. E allora se i soldi destinati all’insegnamento dell’italiano nei centri di accoglienza vengono sottratti, l’immigrato si troverà costretto a pagare per un corso di italiano. Perché imparare l’italiano è una condizione necessaria per rimanere. Ma non avendo soldi finirà per accettare qualsiasi offerta. Non solo: come si può sperare in un cambiamento se quando denunci il caporale ti ritrovi dopo cinque anni a dover ancora cominciare il processo perché il Tribunale del Lavoro di Latina è in affanno? Come si può sperare in un cambiamento se ci sono pochissimi ispettori addetti al controllo delle novemila aziende agricole della provincia? Come si può sperare in un cambiamento se molti lavoratori vittime di caporalato sanno in anticipo quando ci saranno i controlli nelle aziende in cui ‘lavorano’?

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