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400 anni dalla morte di Caravaggio, convegno a Cori

Cori

CORI Interessante e capace di attirare una gran folla, il convegno organizzato sabato a Cori in occasione del 400imo anniversario della morte di Caravaggio, alla presenza del funzionario della Soprintendenza, Fabrizio Federici, del prof. Maurizio Marini, uno dei massimi esperti dell’artista, e del Delegato alla Cultura del Comune di Cori, Giorgio Chiominto. Quella di Caravaggio è una delle figure più affascinanti e controverse della storia dell’arte, la sua immagine di “pittore maledetto” ha colpito la fantasia di molti: i guai con la giustizia, i mandati di cattura, gli interrogatori, le liti con gli osti che finivano regolarmente in risse, fino all’uccisione di Ranuccio Tommasoni che costringerà Caravaggio a lasciare Roma per sempre. Eppure l’importanza della sua produzione pittorica, nell’evoluzione delle forme artistiche, è stata apprezzata solo in tempi relativamente recenti. Analizzando il ruolo dei nuovi mezzi tecnici impiegati dal grande pittore lombardo si rileva il ruolo che essi hanno avuto nella rivoluzione artistica da lui condotta. Ormai è assodato che Caravaggio usa tecniche pittoriche nuove di sua invenzione e che queste tecniche oltre che l’uso dello specchio contemplavano i sistemi ottici e la camera oscura. Il rapporto tra la presenza di questi nuovi strumenti e la visione rivoluzionaria di Caravaggio si basa sull’idea secondo cui lo strumento non è mero utensile, bensì materializzazione dello spirito e proprio lo sguardo nuovo consentito da questi strumenti conduce il pittore in una direzione del tutto inedita e rivoluzionaria. Tutto ciò permette di restituire all’artista lombardo una fisionomia umana e culturale più vera, più attinente alla Storia e al trapasso dell’Umanesimo nella società della Riforma Cattolica. Gli studi e le ricerche attuali fanno il punto su una personalità che i luoghi comuni della Storia e del mito nero (iniziati già nel corso della vita del pittore e contrabbandati fino a oggi) avevano trasformato in un criminale in fuga, ateo e iconoclasta, che in nulla corrisponde alla realtà obiettiva. Ne potenziano la portata intellettuale e rivoluzionaria dell’opera di Caravaggio, fino a metterne in luce, da una parte il background nel naturalismo lombardo (veneto) e, dall’altra, l’esperienza personale, tragica e irripetibile, che s’innesta sull’adesione a una pittura secondo natura svolta nella tensione di una scelta d’arte, divenuta esigenza di vita, travolgente come una vocazione religiosa. Caravaggio riscopre, infatti, le premesse di una concezione aristotelica del dipingere per rinnovarle all’interno di una visione attuale della Fede esplicitata in lancinanti termini di realtà e sacralità dell’uomo a immagine e somiglianza di Dio.

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