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Acqua all’arsenico anche negli alimenti, lo rende noto il rapporto della Flai Cgil

LATINA – Si torna a parlare di acqua all’arsenico. Dopo le preoccupazione dei sindaci e dei residenti dei comuni maggiornamente interessati al probleme, ora pare che l’acqua in questione sia stata utilizzatata anche per la lavorazione di dolciumi, insaccati, pasta e conserva, lo rende noto questa mattina il “Corriere della sera”. Perlomeno ai Castelli, nel settore alimentare ne avrebbero fatto uso circa due imprese su tre. Lo rivela un dossier che i sindacati stanno per consegnare alla governatrice Renata Polverini. Nella relazione, si parla di raffiche di sanzioni amministrative, del rischio-licenziamenti e dello spettro della chiusura degli impianti. Su 25 imprese – alcune con reti commerciali estese in tutta Italia – sottoposte a verifiche, 11 sono state multate, per altre 7 sono in corso accertamenti più approfonditi con rilievi penali sottoposti al segreto istruttorio. Per le restanti 7 l’ispezione potrebbe chiudersi con una specie di «archiviazione».
Ma il bilancio esteso a tutto il Lazio potrebbe rivelarsi ben più pesante. Secondo Luca Battistini, il segretario della Flai-Cgil Roma e Lazio «le verifiche sanitarie sarebbero state condotte solamente nell’area dei Castelli» «Altrove – prosegue preoccupato il sindacalista – non mi risultano verifiche analoghe». Stando ai rapporti inviati dagli ispettori sanitari alla Procura di Velletri diretta da Silverio Piro – ma anche a Latina il procuratore Andrea De Gasperis ha chiesto alle Asl di fornire i prelievi – le imprese avrebbero usato acqua «fuorilegge» prendendola direttamente dai pozzi artesiani.
La sigla confederale, anche per bocca del segretario generale Eugenio Stanziale, sollecita alla Regione Lazio «l’apertura di un tavolo interistituzionale per fronteggiare l’emergenza».

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