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L’uso e “abuso” dei voucher in provincia. L’analisi della Uil

Il settore in cui si utilizzano di più è quello dei servizi e turismo

luigi-garulloLATINA – A soli due mesi dal precedente rapporto, pubblicato a febbraio di quest’anno, la UIL intende aiutare a comprendere, attraverso un’analisi e un’elaborazione dei più recenti dati disponibili sul LAVORO ACCESSORIO (INPS soprattutto, ma anche ISTAT), se e come questo strumento sia, o meno, sotto controllo rispetto soprattutto allo scopo per il quale, 13 anni fa, è stato introdotto: modalità di pagamento per una prestazione essenzialmente di natura occasionale o accessoria destinata, soprattutto, a giovani e pensionati in attività quasi sempre retribuite in nero.
Negli ultimi anni, alcune norme hanno allargato la legittimazione nell’uso del VOUCHER sia dal punto di vista del beneficiario che del committente. Attraverso la Riforma del 2012 è stato superato il concetto di “occasionalità ed accessorietà” delle prestazioni, collegando così la nozione di lavoro accessorio unicamente al riferimento del compenso annuale in capo al prestatore di lavoro; questo ha dato la possibilità di utilizzarlo tutti i giorni, in maniera continuativa. E, quindi, perché un committente dovrebbe stipulare un contratto a tempo determinato full time con tutti gli oneri e i costi che ciò comporta (13°, 14° mensilità, Tfr, ferie, malattia, maternità, contribuzione, disoccupazione, tasse, etc.), se può chiamare un “voucherista” e pagarlo 7,50 euro l’ora senza costi aggiuntivi? È chiaro che la domanda è retorica, in quanto la risposta va da sé e i dati sull’impennata di utilizzo anno dopo anno lo dimostrano.
Le modifiche legislative sui voucher, anno dopo anno, riforma dopo riforma, ne hanno allargato il campo di applicazione sia oggettivo (i settori) che soggettivo (datori di lavoro e lavoratori), con l’ulteriore e recente novità, contenuta nel d.lgs 81/15, dell’aumento a 7.000 euro dell’importo netto percepibile annualmente dal singolo prestatore di lavoro. E il tetto per il committente? La normativa non lo ha mai previsto. E questo è un primo, ma non unico problema. Così la stravagante normativa sul lavoro accessorio prevede che il prestatore di lavoro, indipendentemente dal numero dei committenti per cui lavora, non possa superare un compenso annuale di 7.000 euro, mentre il singolo committente potrebbe avere “tutta” la forza lavoro con voucher senza avere alcun tetto annuo. Tutto ciò ha comportato un vertiginoso aumento dei voucher. Si è passati dai 536.000 buoni venduti nel 2008 agli oltre 115 milioni del 2015, con una costante: le prime 3 Regioni per maggior numero di voucher venduti sono Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.
Complessivamente dal 2008 al 2015 sono stati venduti 277.193.002 voucher, mentre quelli riscossi ammontano a 238.081.224, con una differenza di oltre 39 milioni di voucher non utilizzati dai committenti.
“In particolare – commenta Luigi Garullo Segretario Generale UIL Latina – il fenomeno sta aumentando anche in provincia di Latina, dove nel solo primo trimestre del 2016 sono già stati venduti ben 128.800 voucher lavoro, il 10,1% del totale regionale, il che se consideriamo che il Lazio è al sesto posto nella classifica delle regioni con il maggior numero di voucher venduti, da subito il senso dei volumi, praticamente – aggiunge Garullo – Latina totalizza quasi un sesto di tutti i voucher lavoro venduti nell’intera provincia di Roma.”
“Il settore che fa il maggior utilizzo di voucher – continua Garullo – è quello del commercio-servizi-turismo, che assorbe il 43,6% di tutti i voucher utilizzati (media nazionale), inoltre – aggiunge ancora Garullo – rileviamo un grande gap fra il numero di voucher venduti e quelli utilizzati, cioè quelli incassati sono decisamente inferiori a quelli venduti, segno che dietro tutto questo si annidano come al solito situazioni di abuso e di lavoro grigio, nel senso che molti datori di lavoro ritirano inizialmente il numero di voucher occorrente, ma poi alla fine consegnano al lavoratore meno voucher del totale delle ore lavorate.”
“La media – conclude Garullo – del compenso medio annuo percepito dal lavoratore in voucher è di circa 500 euro nette, questo vuol dire, media alla mano, che alcuni percepiscono il totale di voucher spettanti, e molti altri solo un minimo di voucher utili a coprire i datori di lavoro da eventuali sanzioni per lavoro nero”
“la UIL – taglia corto garullo – al netto delle aziende che fanno un uso corretto di questo strumento, non tollererà abusi ed invita tutti quei lavoratori che vengono vessati da questo strumento a recarsi presso gli uffici Uil per denunciare questi comportamenti e richiedere l’applicazione dei propri diritti”

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