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l'addio degli amici

Duemila persone ai funerali di Eugenio. La sorella Valeria agli amici che erano con lui in Via Veio: “Non sentitevi in colpa, non ne avete”

A San Marco l'ultimo saluto al quindicenne caduto da un lucernaio. Il parroco di Santa Rita legge le parole scritte dal ragazzo

LATINA – “Voglio dire una cosa ai ragazzi che erano con Eugenio quando è caduto, e lo dico anche a nome dei miei genitori: non sentitevi in colpa, non ne avete. Sapere che possiate soffrire di sensi di colpa ci fa stare ancora più male”. Valeria Mucci ha 18 anni e  parla per ultima al termine del funerale del fratello Eugenio, nella chiesa di San Marco gremita di persone con gli occhi rossi. Le parole pronunciate pubblicamente e  rivolte ai due amici divenuti fatalmente gli unici testimoni della tragedia, raccontano forse meglio di ogni altra cosa, chi sono Carla e Bruno.

Un messaggio chiarissimo anche per ognuno dei duemila presenti. La metà sono ragazze e ragazzi, quindicenni che punteggiano la folla di eschimo verdi e di giubbotti neri. Riempiono di vita e di lacrime la chiesa: i ragazzi con i loro capelli scolpiti, le ragazze con il trucco sciolto dal pianto. Fuori hanno scritto su un lenzuolo con la vernice azzurra: “Nessuno muore mai su questa terra finché vive nel cuore di chi resta”. E’ l’unica consolazione possibile, ma  oggi c’è da fare i conti con una separazione gigantesca da sopportare, per mamma e per papà, per Francesco, Valeria e per la piccola Elena, composta e silenziosa come le hanno insegnato i suoi genitori. A lei resta l’immagine postata da Eugenio su Fb che la ritrae a Ninfa fra le sue braccia, uno scatto prezioso che  ferma per sempre il contagioso sorriso di entrambi.

Prova a dare un senso a questo doloroso passaggio, nella sua omelia, il parroco di Santa Rita, Don Gianni Checchinato. Il sacerdote che guida la parrocchia di appartenenza dei Mucci, celebra le esequie a San Marco accompagnato dal responsabile dell’Oratorio Don Carmine e dal parroco della Cattedrale Don Andrea, ancora più minuto quando deve accompagnare il feretro lungo la navata centrale.

DON BENZI E GUCCINI PROFETI – L’omelia comincia citando Don Benzi e Guccini. Poi, un flash dal diario di Eugenio. Il primo ha scritto pochi giorni prima di morire: “Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicino dirà: è morto. Ma in realtà è una bugia, la morte non esiste. Appena chiuderò gli occhi a questa terra lo vedrò faccia a faccia così com’è. La morte la sento come il momento dell’abbraccio”. Mentre Guccini “profeta laico”, così il sacerdote definisce il cantautore bolognese, scrivendo  di una persona che non c’è più, dice: “Voglio però ricordarmi com’eri, pensare che ancora vivi, voglio pensare che ancora mi ascolti e che come allora sorridi”.

LE ULTIME PAROLE DI EUGENIO – “Suonano sibilline – dice Don Gianni  – le ultime frasi scritte da Eugenio e scoperte in questi giorni tra le sue cose: “La parte più bella della mia famiglia non l’ho ancora conosciuta. L’amico più bello non l’ho ancora vissuto”.  Le parole raggiungono un’assemblea ammutolita. Nei primi banchi ci sono il sindaco Damiano Coletta, il Prefetto Pierluigi Faloni, il Questore Giuseppe De Matteis: per una volta non sono Autorità, ma solo tre padri, capaci per questo di cogliere l’immensità del dolore.

LA LETTERA DI JOHN – E’ ancora una volta un ragazzo giovanissimo a offrire uno spunto per ricordare chi era davvero Eugenio, non il quindicenne tragicamente caduto dal lucernaio di un tetto in Via Veio, ma un giovane generoso, sorridente e solare, simpatico e “forte!”, accogliente e pronto all’aiuto. Lo racconta bene la lettera di John Myro Montilla scelta dalla maestra Paola che conosce il dolore dei due genitori che ha di fronte: “Mi ha colpito perché la parola morte in essa non ha diritto di cittadinanza”. Scrive, infatti, questo ragazzo arrivato dalle Filippine, che Eugenio l’ha aiutato a imparare l’italiano, che è stato suo amico, il migliore, facendolo sentire a casa quando era ancora straniero.

Nella chiesa risuonano alla fine della funzione, le ultime parole di Valeria: “Vi chiedo solo una cosa, pensateci quando state per fare una stupidaggine, perché se anche solo una persona si sarà salvata ricordando quello che è successo a mio fratello, allora Eugenio non sarà morto invano”. Poi è Francesco, il fratello maggiore diventato oggi improvvisamente un uomo, a caricarsi in spalla la bara. Con lui ci sono i cugini e l’assessora alle politiche giovanili, Cristina Leggio. E’ l’immagine più struggente.

Eugenio sarà cremato. I genitori dovranno accompagnarlo nell’ultimo viaggio lontano da casa, ad Avellino. Perché nemmeno ai dolori più grandi è risparmiata la burocrazia.

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