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nuovo corso

Addio Libera, così come sei non ci piaci più. Gli attivisti di Latina, Aprilia, Cisterna escono dall’associazione Antimafia di Don Ciotti

Nasce Reti di giustizia: "Libera snaturata da attività di lobbyng. Ma noi vogliamo continuare l'impegno"

LATINA – Gli attivisti di Libera escono dall’associazione antimafia fondata da Don Ciotti. Lo annunciano presidii, gruppi e  soci di Latina, Anzio, Nettuno, Aprilia e Cisterna. Non un fulmine a ciel sereno, dal momento che da tempo la base soffriva per un cambio di orientamento poco condiviso. Una decisione comunque sofferta. Ne è nata Reti di Giustizia.

“In questo ultimo periodo i rapporti tra la dirigenza dell’associazione e gli iscritti di questi territori si sono profondamente deteriorati, a fronte di una linea di chiusura verso il nostro territorio non motivata e delegittimando il lavoro svolto da tutti noi”, spiegano i fuoriusciti, che fin da ragazzini sono stati sotto l’ala del sacerdote antimafia ma che oggi fanno valere l’autonomia di pensiero che gli è stata insegnata e si dicono in disaccordo su tutta la linea.

Un salto, ma non nel buio per decine di giovani e meno giovani che in questi mesi si sono confrontati per arrivare all’annuncio di queste ore: “La nostra decisione di uscire da Libera è stata molto sofferta in quanto continuiamo a riconoscerci in tutti i principi che Libera ha proposto e portato avanti dalla sua fondazione fino al passato recente. Negli ultimi anni infatti, l’associazione in cui credevamo ha avviato un profondo cambiamento di cui non sono ancora chiari portata e obiettivi: più che gli ideali che ne sono stati sinora la base oggi le priorità sembrano essere gli aspetti economici, la visibilità mediatica, le attività di lobbying”.

E come se non bastasse, l’esplicita affermazione della non condivisione del nuovo corso: “La centralizzazione autoritaria delle decisioni, l’incapacità  di riconoscere gli errori, il permettere alladicotomia fedele/infedele (e infedele è chi non la pensa come l’Ufficio di presidenza o osa porre problemi o obiezioni) di predominare dentro l’associazione, il ricondurre tutti i problemi che nascono ad aspetti personali e non “politici”, nascondendo il tutto dietro un generico e velleitario “va tutto bene” o un altrettanto generico “vogliamoci bene” generalizzato, sono alcuni dei sintomi di questa deriva dell’associazione”.

Non viene meno però la voglia di esserci lo stesso, di restare per continuare a  costruire il cambiamento: “Siamo tutti convinti che è essenziale continuare ad impegnarci nei territori come abbiamo fatto sino ad ora, per questo costituiremo un’associazione che si chiamerà “Reti di Giustizia” con l’obiettivo di informare sulla presenza della criminalità organizzata e delle mafie nei nostri territori, di denunciare il diffondersi della corruzione e di contrastare la diffusione della (pseudo) cultura mafiosa che ne è la matrice. Formazione nelle scuole, informazione pubblica, sostegno all’inclusione sociale, cultura e sviluppo della cooperazione sociale per progetti sui beni confiscati e sequestrati sono solo alcuni dei temi e degli obiettivi che porteremo avanti”.

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