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il racconto

Cannabis terapeutica, da Latina la storia di Romina: “Solo così vinco il dolore, ma c’è ancora troppa ignoranza”

La donna è affetta da numerose patologie e allergie che le precludono l'uso dei farmaci. A Gaeta è nata l'associazione dei malati

LATINA – “C’è ancora troppa diffidenza e ignoranza sulla terapia del dolore con i cannabinoidi. Basterebbe approfondire giusto un po’ per sapere che usare questa terapia non significa fare uso di stupefacenti. Il cosiddetto “sballo” è provocato dalle lavorazioni chimiche della pianta, mentre la lavorazione dell’olio di cannabis usato in ambito medico è tutta un’altra cosa”. Romina è una donna di Latina, paziente del Policlinico Umberto I di Roma che con l’olio di cannabis è riuscita a ridurre dell’80% i dolori provocati dalle sue innumerevoli patologie, a cui si aggiungono problemi genetici che la rendono allergica alla maggior parte dei medicinali tradizionali e predisposta a tutti gli effetti collaterali. L’abbiamo incontrata per capire come è cambiata la sua vita con l’introduzione di questa terapia del dolore e a quali problemi va incontro.

“Prima di tutto voglio spiegare che esiste un accordo tra Italia e Olanda per l’acquisto, ogni anno, di 200 chili di cannabinoidi. Un accordo che necessariamente bisogna cambiare perché già a giugno abbiamo iniziato ad avere problemi per l’approvvigionamento”. Ma come funziona questo mercato? “E’ un mercato libero, quindi una boccetta da 50 ml arriva a costare anche 200 euro, la mia terapia indica una dose giornaliera che mi permette di fare circa un mese con una bottiglietta. La lavorazione viene fatta direttamente dalle farmacie e non tutti hanno il macchinario per poter trasformare quei principi contenuti nelle piante, in olio. A Latina, per esempio, nessuno lo fa. Io la compro in una farmacia di Lecce dove i costi sono sempre alti ma contenuti, alcune arrivano anche a farla pagare 200 euro. E non c’è un controllo perché è mutuabile solo per i malati di Sla, sclerosi multipla e malati oncologici terminali”.

Dopo aver provato tutti i medicinali tradizionali per innumerevoli patologie autoimmuni, malattie rare e anche un tumore, e aver rischiato quasi il soffocamento per un effetto collaterale che colpisce 1 paziente su un milione, del farmaco biologico, Romina ha deciso di provare questa strada: “Nel reparto della Terapia del dolore, all’Ospedale Umberto I di Roma dopo aver visionato la mia cartella clinica, hanno optato per questa strada. La prima prescrizione è fatta da loro con l’assegnazione di un codice alfanumerico, le altre sono invece fatte dal proprio medico curante”. Non tutti ovviamente possono accedere: “L’ospedale segue un protocollo per essere accettati, prima di tutto si procede con i farmaci convenzionali, qualora questi non funzionassero, si procede con un colloquio con uno psicologo per capire se si è pronti ad affrontare il tipo di terapie e solo allora viene segnata la prima prescrizione”.

Dopo alcuni mesi di cura, Romina sta molto meglio: “Si sono ridotti dell’80% i dolori delle neuropatie, della fibromialgia e dell’enterocolite autoimmune. Solo che se le scorte per l’Italia finiscono, non potrò continuare la cura e il rischio che questo accada a breve è molto alto, come si può fare?”.

A Gaeta intanto è stata organizzata “Armonia endocannabinoide”, un incontro tra pazienti già in cura con trattamenti a base di cannabis. L’assemblea si è svolta alla Triestina con pazienti da tutta Italia e hanno costituito l’associazione dei malati con lo scopo di avviare un programma di autoproduzione di cannabis a scopo terapeutico (che al momento è vietata). E a Gaeta, c’è anche chi è pronto a mettere a disposizione il terreno per la produzione fai da te.

 

 

 

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