LATINA – Il consiglio comunale di Latina ha approvato ieri una mozione per porre fine alla produzione italiana di bombe vendute all’Arabia Saudita per la guerra in Yemen e che su questo tema impegna il Comune di Latina, tramite il sindaco e la sua giunta, ad inoltrare con urgenza l’atto consiliare al Presidente della Repubblica, ai presidenti ed ai capigruppo di Camera e Senato, nonché all’Anci. Questo per farsi promotore della volontà espressa dal Consiglio Comunale, che ha votato all’unanimità la mozione. L’atto evidenzia “l’assoluta contrarietà, nel territorio italiano, alla fabbricazione di armi e materiale destinato ai Paesi in conflitto” ed esprime la “volontà di promuovere azioni e progetti per la realizzazione di concrete ed effettive politiche di disarmo e di pace”, perché “è a partire dalle città che si costruiscono reti vitali di giustizia e pace tra i popoli, come scritto nell’appello lanciato al Presidente della Repubblica e alla società civile dalla città di Assisi il 27 gennaio 2018”.
La mozione è stata presentata in aula dal Partito Democratico, ma lo stesso Comune ne stava preparando una uguale: “Il lavoro che il nostro Comune sta portando avanti attraverso le politiche di accoglienza per i richiedenti asilo, ha sempre dimostrato che la pace bisogna costruirla giorno dopo giorno nelle nostre città con gesti e scelte politiche concrete” – ha spiegato la consigliera Loretta Isotton – “La guerra in Yemen dura da oltre 4 anni ed ha provocato fin troppe vittime, tra le quali tanti bambini: morti sotto le bombe, per la grave carestia e le malattie d’ogni genere che si sono diffuse in tutta la regione. Ed ai bambini che sono sopravvissuti rimane un’infanzia negata, molti sono rimasti senza famiglia e senza una casa in cui trovare riparo. Anche le bombe fabbricate in Italia e vendute alla Coalizione Saudita sono utilizzate in Yemen: vengono usate per colpire la popolazione, case, villaggi, aree civili. E questa è per noi una grande contraddizione: l’Italia ripudia la guerra per Costituzione ma restiamo uno dei produttori di armi che servono a combattere una guerra. Puntiamo a chiedere al governo centrale di incentivare la conversione delle fabbriche di armi belliche in economie differenti e soprattutto disarmate”.