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intervista con l'autore

In un libro di Giovanni Rinaldi le storie dei bambini (anche di Latina) che partirono sui Treni della felicità

C'ero anch'io sul quel treno. La vera storia dei bambini che unirono l'Italia

LATINA Giovanni Rinaldi è autore di un bellissimo libro dal titolo C’ero anch’io sul quel treno. La vera storia dei bambini che unirono l’Italia( Solferino 2021)Storie raccolte in vent’anni di vita e di lavoro che hanno consentito a tantissime persone di ricordare pezzi importanti della loro vita e di ritrovarsi. Partendo dalla sua terra, il Tavoliere delle Puglie, l’autore ha viaggiato in ogni regione d’Italia parlando con tanti ex bambini dei «treni della felicità». Convogli su cui hanno viaggiato anche tanti bambini partiti dalla provincia di Latina.

 “Tra il ’45 e il ’52 partirono su questi treni, attraverso  un’Italia ancora distrutta, molti bambini che venivano inviati in famiglie accoglienti per aiutare quelle in difficoltà per tornare più ottimisti. Il mio lavoro è stato negli anni andare alla ricerca di donne e uomini oggi di 70, 80 anni che hanno provato a ricordare un frammento della loro vita che non hanno dimenticato mai. Un libro che racconta la Storia raccontando le tante storie di cui è fatta “, racconta Rinaldi che di questo ha fatto una specie di missione.

LA DESCRIZIONE – «I bambini affamati erano tanti. Cominciava il tempo umido e freddo e non c’era carbone. I casi pietosi erano molti, moltissimi. Bambini che dormivano in casse di segatura per avere meno freddo, senza lenzuola e senza coperte. Bambini rimasti soli o con parenti anziani che non avevano la forza e i mezzi per curarsi di loro.» Così scrisse Teresa Noce, dirigente dell’Udi, Unione donne italiane, che fu l’anima del grande sforzo collettivo avviato all’indomani della Seconda guerra mondiale per salvare i piccoli del Sud condannati dalla povertà. Li accolsero famiglie del Centro-Nord, spesso a loro volta povere ma disposte a ospitarli per qualche mese e dividere quel che c’era. Un’incredibile espressione di solidarietà che richiese un intenso lavoro logistico, con il coinvolgimento di medici e insegnanti. E che non fu priva di ostacoli, tra cui la diffidenza della Chiesa timorosa dell’indottrinamento filosovietico, con qualche parroco che avvertiva: «Se andate in Romagna i bimbi li ammazzano, se li mangiano al forno», scrive l’autore.

“Da Roma, dal Cassinate e dalla provincia di Latina parliamo di circa settemila bambini che in alcuni casi (diventati adulti) non avevano nemmeno raccontato ai propri figli di aver vissuto questa esperienza. Poi, durante il mio lavoro, molti si sono rivolti a me per ritrovare le famiglie e riallacciare queste relazioni”, aggiunge Rinaldi riportando alla luce storie di povertà estrema: Franco, per esempio, non aveva mai visto né tantomeno dormito in un letto e quando ne vide uno chiese che cosa fosse.

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