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decommissioning

Nella ex centrale nucleare di Latina un impianto Magnox per estrarre e trattare i rifiuti radioattivi

Novità anche per la centrale del Garigliano dove si affronta per la prima volta in Italia lo smantellamento del vessel

LATINA –  I residui radioattivi della ex centrale nucleare di Latina saranno estratti e trattati nel sito di Sabotino, attraverso un impianto Magnox  che dovrà essere realizzato.  E’ il prossimo step  nel processo che porterà allo smantellamento del sito, una strada avviata nel 1999 e che nel 2027 porterà al raggiungimento del cd brown field. L’organo commissariale della Sogin ha infatti avviato l’iter di gara per la realizzazione dell’impianto che costerà 10 milioni di euro e tratterà un quantitativo di circa 70 tonnellate di residui in lega contaminati.

Si tratta di rifiuti radioattivi che derivano dalla rimozione delle “alette” degli elementi di combustibile, effettuata prima del loro invio all’estero per il riprocessamento. I rifiuti radioattivi  – spiegano da Sogin – saranno inseriti in appositi contenitori e stoccati nel deposito temporaneo del sito in attesa del loro conferimento al Deposito Nazionale. Una volta estratti tutti i rifiuti i locali interrati dove erano depositati saranno caratterizzati e bonificati”.

Il progetto che secondo le previsioni si concluderà nel 2025, prevede la realizzazione di due edifici distinti: l’edificio di estrazione, cernita e caratterizzazione radiologica dei rifiuti e l’edificio di trattamento e condizionamento. In pratica i materiali saranno estratti  dalle sei fosse interrate che li contengono, situate in prossimità della piscina del combustibile irraggiato, per essere stoccati in fusti da 220 litri che a loro volta saranno supercompattati e inglobati in malta cementizia all’interno di contenitori “overpack” da 440 litri per essere stoccati nel deposito temporaneo in attesa del loro conferimento al Deposito Nazionale.  Una volta estratti tutti i rifiuti le sei fosse saranno caratterizzate e bonificate.

Novità arrivano anche per la Centrale del Garigliano dove è stato avviato l’iter di gara per affidare i lavori di smantellamento del vessel della centrale del Garigliano, ossia del contenitore d’acciaio di forma cilindrica e degli altri componenti che si trovano al suo interno. Durante l’esercizio della centrale era qui che avveniva la reazione nucleare. “La gara, per un valore di circa 36 milioni di euro, prevede che le operazioni di taglio e estrazione dei componenti e del vessel, che sono fortemente contaminati, avvengano sotto battente d’acqua, elemento naturale per schermare le radiazioni e quindi consentire ai tecnici di procedere in sicurezza”, si legge in una nota della Sogin.

Per svolgere le attività sono stati già ripristinati i sistemi ausiliari dell’edificio reattore (impianto elettrico, di ventilazione, di automazione e controllo) e il circuito di allagamento del vessel e del canale reattore all’interno dei quali si svolgeranno le operazioni, da dove sono stati rimossi gli elementi di acciaio al carbonio (denominati rack) e le loro strutture di supporto (rastrelliere).

Con “l’attacco al vessel”, che terminerà nel 2027, si entra nella fase finale del decommissioning della centrale campana (al confine con il lembo estremo del sud Pontino). Si tratta dell’attività più complessa dal punto di vista ingegneristico e operativo, che l’Italia affronterà per la prima volta – spiega la Sogin – Al termine i rifiuti radioattivi prodotti saranno trattati e inseriti all’interno di appositi contenitori cilindrici schermanti che verranno stoccati nei depositi temporanei del sito in attesa del loro conferimento al Deposito Nazionale, una volta disponibile”.

Lo smantellamento della centrale del Garigliano produrrà complessivamente circa 268 mila tonnellate di materiali. Di queste, saranno inviate a recupero circa 258 mila tonnellate (il 96%), per la maggior parte composte da metalli e calcestruzzo.

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