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operazione della digos

Affitti e documenti falsi per restare in Italia: 4 arresti. Nei guai dipendente della Prefettura di Latina

18 indagati nell'inchiesta per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina

LATINA – Appartamenti inesistenti affittati a stranieri e finte locazioni. E’ partita da questa scoperta, l’inchiesta che ha portato oggi all’alba all’arresto di quattro persone accusate di  favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e corruzione.

Le indagini dirette dalla Procura della Repubblica e condotte dalla Digos della Questura di Latina sono partire a fine 2018 da un accertamento della polizia locale del capoluogo su falsi affitti, e hanno svelato mano a mano quello che il Questore di Latina Michele Maria Spina  ha definito  “un collaudato sistema finalizzato ad assicurare l’ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di stranieri, in prevalenza di nazionalità indiana, con la complicità di un pubblico ufficiale e di alcuni soggetti che rappresentano punti di riferimento per la comunità indiana locale”.

GLI ARRESTATIIn carcere sono finiti un cittadino pakistano, un indiano e un italiano dipendente della Prefettura di Latina; ai domiciliari un altro indiano che aveva ricoperto in passato anche incarichi da sindacalista. Per una quinta persona il giudice ha invece disposto gli obblighi di firma. Diciotto in tutto sono gli indagati.

“Ascaris, il nome che abbiamo dato all’operazione è il nome di un parassita, e lo abbiamo scelto perché rappresentava la situazione emersa dopo le indagini della Digos”, ha detto il Questore di Latina Spina aprendo la conferenza stampa di presentazione dell’operazione e sottolineandone il valore in un momento come l’attuale  in cui sono in corso le regolarizzazioni: “Deve servire anche come monito, perché la nostra attenzione sarà massima”.

Ogni pratica costava un minimo di 500 euro, ma in qualche caso molto di più. “Accadeva quando gli arrestati si rendevano conto di avere di fronte una persona poco scaltra”, ha detto il dirigente della Digos, Walter Dian spiegando che si sono incrociate due attività investigative, quella della polizia locale e quella della Questura alla quale si era rivolto un cittadino indiano al quale erano stati chiesti 500 euro per la pratica di regolarizzazione. Il gruppo aveva gli agganci giusti per falsificare pratiche e produrre i documenti necessari ad ottenere il permesso di soggiorno o a chiedere il ricongiungimento familiare.

Il dirigente della Digos Walter Dian

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