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l'omelia

Il vescovo Crociata a Fossanova: “Il gesto di Vittorio come Gesù”

Nell'Abbazia l'ultimo saluto per il militare morto in Congo con l'ambasciatore Attanasio

FOSSANOVA – “Anche se ne abbiamo ascoltate molte e di significative in questi giorni, sentiamo che non ci sono parole adeguate a esprimere l’enormità di quanto è avvenuto. La morte è sempre una enormità, ma mai quanto lo è quella che avviene con la violenza nei confronti di un giovane che ha messo la sua vita a servizio dello Stato e del bene di altri”.   Il vescovo di Latina Mariano Crociata ha aperto così la sua omelia nell’Abbazia di Fossanova davanti alla bara di Vittorio Iacovacci il carabiniere 30enne morto in un attentato in Congo con l’ambasciatore italiano, Luca Attanasiovittime di una violenza insensata”, ha detto Crociata, ricordando i tanti che si sono stessi attorno al dolore del papà e della mamma, della sorella e del fratello, della fidanzata: “Una famiglia a cui lo Stato deve molto”.

Il vescovo ha voluto rimarcare l’affetto e la partecipazione di “parenti e amici, il borgo di Capocroce e il paese intero di Sonnino, la comunità parrocchiale e noi tutti, oggi qui convenuti per porgere a Vittorio l’estremo saluto e far sentire ai suoi cari la nostra partecipazione al loro dolore, la nostra vicinanza e il nostro desiderio di offrire, o almeno invocare, sostegno e forza in una prova così grande”.

IL TESTO INTEGRALE – “La prima parola che sentiamo di dire ha la forma di una domanda. Perché qualcuno deve spiegare, non solo quel che è successo, ma perché è successo. Non tocca a noi e non è questa la sede per trattare simili questioni, anche perché molto più grandi di noi e perché vedono uomini e istituzioni impegnati a occuparsene con la necessaria competenza e diligenza. Ma la domanda persiste e ci tocca intimamente, se un figlio di questa terra viene massacrato così come siamo stati costretti a vedere fino a poterne solo piangere. Le vittime di uno stato di cose profondamente iniquo e violento, interpellano soprattutto quelle coscienze e quegli organismi e istituzioni che lo tollerano o lo alimentano.

Unita alle domande che continueranno a inquietarci, c’è una parola che non viene da noi ma dalla nostra fede. Non è una parola che si aggiunga dall’esterno al modo di una retorica consolazione, ma una parola che in qualche modo è scritta nelle cose, nei fatti, proprio in ciò che è accaduto. Infatti, il senso cristiano di ciò che è accaduto non va cercato lontano, ma proprio nel gesto compiuto da Vittorio e da quelli che sono stati vittime della violenza omicida insieme a lui. Egli era lì a svolgere un servizio mirato alla sicurezza di chi operava a favore del dialogo tra le nazioni, di iniziative umanitarie di organizzazioni e uomini dedicati a cercare la pace e il benessere degli abitanti di quelle regioni dell’Africa. Proprio nello svolgimento di tale servizio e proprio da parte di quelli a favore dei quali operava, è venuta contro Vittorio la violenza che lo ha portato alla morte. Non leggiamo in questa vicenda, come in filigrana, quello che è avvenuto a Gesù? Anche lui si spendeva con la parola e i gesti, con tutta la sua persona, per il bene di quelli che poi lo hanno, alla fine, ricambiato mettendolo in croce.

Questo sguardo di fede davvero ha il potere di illuminare e di consolare, non con le parole buone che pure possiamo cercare di formulare, ma con la parola stessa di Dio che è Gesù. Il gesto di Vittorio, consapevole del rischio che correva abbracciando questo servizio, assume un valore incommensurabile nel suo accostamento a quello di Gesù, perché, pur in mezzo al dolore più straziante e inconsolabile, ci parla del senso della vita, della nostra vita, di noi che viviamo in relativa serenità e sicurezza rispetto a chi è esposto a immani violenze e sopraffazioni. Vittorio ci richiama e ci fa rivivere il senso cristiano della vita, che noi credenti in Gesù riconosciamo perfettamente in lui nostro Signore: ci siamo a questo mondo per metterci al servizio del bene gli uni degli altri. Viviamo veramente – ci dice Gesù, e ora anche Vittorio – non se pensiamo solo a noi stessi, ma se impariamo ad aiutarci gli uni gli altri, a metterci al servizio gli uni degli altri, a capire che dedicarsi al bene degli altri è la fonte del bene e della gioia più grandi che possiamo cercare nella vita.

Certo, quello che abbiamo dinanzi, la bara di Vittorio, sembra dirci tutto il contrario; ma, in verità, questo sacrificio così alto porta un bene che noi non conosciamo e che può perfino suscitare la ribellione di chi come voi, cari familiari di Vittorio, avete subito una lacerazione così profonda sulla carne viva dei vostri affetti e della vostra intima unione familiare. E il bene che porta è il movimento di giustizia e di cambiamento che quel che è avvenuto produrrà nel paese africano in cui la tragedia si è consumata; è il movimento di ammirazione e di imitazione che il gesto di Vittorio e dei suoi compagni suscita in tutti noi, desiderosi, sì di giustizia e di verità, ma ora con lui desiderosi anche di rendere più splendente il suo esempio e la sua memoria con una vita di servizio e di dedizione agli altri, che solamente dà senso e pienezza anche alla nostra vita. Tutto questo non ci restituirà Vittorio, ma forse ce lo ridarà in modo diverso e nuovo, quel modo che la fede ci fa conoscere e affida, insegnandoci a leggere nel visibile, e oltre esso, la realtà vera che facciamo fatica a riconoscere, ma che non è altrove o lontano, bensì è dentro ciò che vediamo e viviamo, perché è ciò che a tutto conferisce consistenza e verità.

In questo modo le parole della Scrittura che sono risuonate attraverso le pagine di Paolo e del vangelo di Giovanni prendono una forza fino ad ora non immaginata, perché parlando di risurrezione e di vita nuova, e annunciando la promessa di Gesù di essere dove lui è, ci dicono che la nostra appartenenza alla vita di Gesù risorto comincia già ora e attende di compiersi a misura della nostra corrispondenza, che lo abbraccia come via, verità e vita; il suo dono, infatti, è illimitato e incondizionato, dal momento che il Risorto non vuole altro che darci la sua vita e farci vivere di lui e con lui.

Con questi pensieri affidiamo il nostro fratello all’amore e alla misericordia di Dio, certi che Egli l’ha già accolto donandogli pace e gioia senza fine, mentre ci ripromettiamo di riprendere un cammino di vita segnato dall’esempio di Vittorio e dalla comunione con lui che la fede e la grazia di Dio ci assicurano, fino al pieno comune ricongiungimento nell’unità del Regno di Dio.

 

 

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