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150° UNITA’ D’ITALIA A GAETA
Fini chiude le celebrazioni

Il Presidente della Camera in Piazza Trieste scopre la targa in memoria dei caduti

GAETA – «La storia nel suo svolgersi scrive anche pagine dolorose, di sofferenza per le popolazioni, gesta che producono ferite ed «è compito delle istituzioni realizzare una autentica pacificazione nazionale», ha detto Gianfranco Fini a Gaeta, in un luogo dove la storia 151 anni fa produsse una ferita profonda che per alcuni non si è ancora rimarginata. Qui fu infatti scritta la pagina della capitolazione del Regno delle Due Sicilie, con la resa di re Ferdinando II dopo un assedio delle truppe di Vittorio Emanuele II durato 102 giorni e un cannoneggiamento martellante costato migliaia di vittime.

Il presidente della Camera ha parlato da  Piazza Trieste, dove sorge il monumento ai caduti dei due eserciti rivali. E’ stato poi il sindaco Antonio Raimondi a dare voce ad un dolore sempre vivo per i costi pagati dai gaetani: “Furono migliaia i morti anche fra la popolazione civile: ci furono i cannoni, la fame, la peste petecchiale… Nel 2008 l’amministrazione comunale chiese i danni agli eredi Savoia.

Il primo cittadino dice che fu scritta una pagina «triste e dolorosa» per costringere il re borbone che si era rifugiato in questo estremo ridotto alla resa e all’esilio. E aggiunge che «non ci fu Trattato di pace perchè non c’era stata dichiarazione di guerra ma una invasione, e subito dopo noi cominciammo a pagare, con la questione meridionale e l’emigrazione».

Fini ascolta, poi senza polemizzare rimette le questioni in ordine, innanzi tutto richiamando «il memorabile discorso di Giorgio Napolitano, il 17 marzo del 2011 davanti alle Camere». È stato giusto, dice, ricordare come è nata l’Italia unita, ritrovare le ragioni per cui un popolo è diventato una nazione. «La grande partecipazione alle celebrazioni ha dimostrato che il nostro popolo sente di appartenere a una comunità nazionale italiana che fa parte della comunità europea, ha dimostrato che aveva torto chi pensava che potesse esistere una identità padana o meridionale. Per stare insieme – aggiunge – è necessaria questa consapevolezza e sanare antiche ferite. Si può fare solo se si ricordano anche pagine di autentica sofferenza come quelle vissute da Gaeta e in modo drammatico da altre comunità durante la Seconda Guerra Mondiale».

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