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politica

Paolo Galante, da “nero” a candidato sindaco del Pd: “Ecco chi sono”

L'imprenditore papabile si racconta: "Ho dato la mia disponibilità a Forte e Moscardelli guardandoli negli occhi, moralmente sono a posto"

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LATINA – Paolo Galante tira dritto e anche se il Pd ufficialmente non ha ancora deciso chi sarà il candidato alle prossime amministrative a Latina, lui si presenta alla città: a chi non lo conosce, ma anche a tutti gli amici e conoscenti che gli hanno inviato in questi giorni un “bel punto interrogativo” per commentare la sua scelta di scendere in campo con l’altra parte. La curiosità c’è tutta. Da ragazzo Galante infatti era la parte nera della piazza e, quando i colori si sono sbiaditi, ha simpatizzato a lungo con la destra, prima, e con il centrodestra, poi. E’ stato forse un nonno, quello materno, di ritorno dall’Africa ad insegnargli che si può cambiare idea: “Lui tornò dopo cinque anni, quando tutti pensavano fosse morto. Tornò a casa ma non era più allineato con le ideologie fasciste”, racconta.

“Anni fa pur avendo la possibilità, come tanti di continuare a lavorare all’estero, presi la decisione di ritornare a farlo dove mi sentivo a casa, e vivere stabilmente, a Latina. La citta’ che ho sempre amato, il luogo dove i miei nonni nel 1932 Gaetano Galante e Luigi Cinelli che venivano rispettivamente dalla provincia di Frosinone e da Roma decisero di impiantare le loro speranze. Qui furono pionieri del commercio, hanno investito in questa terra allora in procinto di essere bonificata. Ma soprattutto qui trasferirono le loro famiglie, pensando che a Latina era il loro futuro. Nonno Gaetano  – affida alla carta Galante – era anche istruttore motociclista del Fascio, nonno Luigi partì volontario per l’Africa. Ma la cosa che ricordo con più forza è, quando esaltavano lo spirito di solidarietà e di collaborazione che campeggiava indistintamente tra tutti gli abitanti di Latina. Io penso che questo sia il punto di partenza. Valori di appartenenza a un territorio, di trasversalità capaci di guardare negli occhi, senza chiedersi “ma di che famiglia, di che idea, di che colore sei. Qui ha contato il lavoro”.

Ma per Galante oggi è anche il momento di mandare un messaggio chiaro a chi lo ha trascinato in questo agone nel quale le bollature sono arrivate subito e il rischio di vedersi “bruciato” è dietro l’angolo: “Non nego l’entusiasmo giovanile della mia generazione che allora mi portava a condividere percorsi della destra giovanile, ma sono, anche amico con Enrico Forte e Claudio Moscardelli che stimo, che mi hanno chiesto insieme di collaborare a un progetto nuovo di città e non lo hanno fatto chiedendomi credenziali ideologiche ma la volontà di cambiare insieme la nostra comunità. Con loro ci siamo capiti subito per quella “solidarietà” di generazione che voleva cambiare il mondo. A loro ho dato la mia disponibilità e guardandoli negli occhi, ho precisando che in quel patto a tre io rappresentavo tutto il resto delle forze buone e sane della città. Con le stesse modalità con le quali ho fatto con loro un patto d’onore per la città sarà necessario affrontarlo guardandoci sempre negli occhi”.
Il messaggio non potrebbe essere più chiaro: “Io dando la disponibilità moralmente sono a posto e con il ricordo di chi ha sacrificato la vita per queste terre e per l’impegno verso i nostri figli ai quali se buoni padri di famiglia, dobbiamo assicurare un futuro nella città dove li abbiamo cresciuti… dobbiamo scegliere. Latina ha bisogno di recuperare la speranza in un futuro migliore”.

Anche questa volta Galante si affida ad un modello per spiegare il suo “sì” alla chiamata: nella scorsa nota citava JFK, oggi, Gianni Agnelli. Ma per fortuna non porta l’orologio sul polsino della camicia né la cravatta sopra il maglioncino di cachemire.  E  – se possiamo dire – lo preferiamo senza citazioni.

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