LATINA – Oltre 100 mila euro a una donna di Latina, è il risarcimento a cui è stato condannato, oggi, il Ministero della Salute a causa di una trasfusione di sangue infetto, effettuata negli anni Settanta all’ospedale Santa Maria Goretti di Latina.
La sentenza n. 21035/2015 del tribunale di Roma, del giudice Laura Scalia, condanna infatti, il Ministero a risarcire la donna, che oggi ha 65 anni, per i gravi danni alla salute provocati dal contagio da epatite C avvenuto durante il ricovero presso il nosocomio pontino. La vittima del terribile contagio aveva 26 anni quando a cavallo del 1975-1976 le furono somministrate alcune sacche di sangue accertato come infetto dal tribunale di Roma. Solo nel giugno del 2010, dopo 25 anni, la donna è risultata positiva al virus dell’epatite C. Infatti a seguito di normali analisi del sangue le venivano riscontrati dei valori alterati delle transaminasi nel fegato, segno di un consistente danno epatico.
Da allora la donna, è caduta in una gravissima depressione – spiega il legale Renato Mattarelli – e si è isolata per non dover spiegare agli altri il proprio stato di salute. “La causa iniziata nel 2012 e terminata con la sentenza di condanna – per le gravi omissioni dei controlli sul sangue trasfuso dai sanitari del Goretti alla donna e per la mancata vigilanza del Ministero sull’attività trasfusionale del nosocomio pontino – non è la prima ne sarà l’ultima contro l’attività di raccolta, lavorazione e somministrazione del sangue negli ospedali della provincia di Latina nel periodo: anni ’60-anni ’80. Sono infatti decine le azioni di risarcimento in corso di notifica – si legge nella nota dell’avvocato Mattarelli – per i danni da sangue infetto trasfuso nell’area sanitaria pontina”.
Fra i danneggiati molti sono infetti da epatite B e C o HIV, nella migliore delle ipotesi, altri sono pazienti terminali da cirrosi epatica e tumore al fegato. “Tutti sono stati trasfusi con sangue che la storia e l’opinione pubblica conosce come “scandalo del sangue infetto” – affermano gli avvocati dello studio legale Mattarelli-Mezzini – in quegli anni (metà anni ’60 – metà anni ’90) in cui non solo le donazioni non erano controllate ma potevano essere effettuate anche dietro compenso, molti dei quali cedevano il proprio sangue infetto per comprarsi dosi di eroina”.
Quanto sia grave ed ampio il fenomeno – non solo in terra pontina – è misurabile, sia dall’esistenza dal 1992 della legge n. 210/1992 che oltre al risarcimento attribuisce un assegno mensile sotto forma di “Indennizzo in favore dei soggetti danneggiati irreversibilmente da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni di sangue e somministrazione di emoderivati”, sia dalla presentazione di quest’anno a Latina del farmaco Sofosbuvir (70mila euro un ciclio di cura) da parte del ministro della salute Lorenzin.