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Latina

San Marco, una guerra civile che non serve a nessuno

Un obbligo tornare a vagliare soluzioni, ma stop ai proclami: chi le ha, faccia proposte concrete

LATINA – Sulla fin troppo chiacchierata questione di San Marco ho cercato di mantenere le distanze, divisa tra il dispiacere che le mie suore, quelle che hanno cresciuto i miei quattro figli, potessero lasciare la scuola dell’infanzia che reggono da 35 anni, e la certezza che le regole valgono per tutti e che, se le convenzioni con gli ordini religiosi sono diventate illegittime, allora vanno riviste. Premetto anche, per onestà e trasparenza, che sono tra quelli che sperano che si possa trovare una soluzione ulteriore rispetto alle tre già proposte dal Comune e respinte al mittente dalla direttrice della scuola, Suor Alessia. Ma di non averne una da suggerire.

Il percorso fatto per arrivare alle tre proposte è stato lungo, basterebbe informarsi per saperlo: sette mesi di approfondimenti e studi, un tavolo aperto grazie alla disponibilità offerta dalla Curia a dare un contributo, e tre legali, di cui uno esperto di questioni canoniche, poco importa se non era dei Salesiani (come ha fatto notare il parroco di San Marco Don Andrea Marianelli). Infatti, se i Salesiani lo ritenevano necessario, avrebbero potuto portare al tavolo un loro legale di fiducia, che sarebbe stato accolto – credo – a braccia aperte. Del resto, se le scuole religiose in Italia sono praticamente tutte paritarie religiose (e non comunali), la questione è stata già affrontata da altri prima di noi.

Quello che risulta davvero sgradevole, poi, è usare le suore e il valore educativo che rappresentano per la nostra città – a parole per tutti, ma sostanzialmente solo per alcuni – come ennesima occasione di attacco politico. Che si tratti di questo, lo suggeriscono i toni e i tempi. E se è vero che questa decisione dell’Amministrazione divide le coscienze, non è giusto che assuma le modalità di una guerra civile, soprattutto perché riguarda ambiti che sono deputati per la loro stessa natura a portare pace, a tendere la mano, a perseguire obiettivi superiori, e non ultimo a fare del dialogo parte centrale dell’operare.

Le suore salesiane hanno preso per mano ciascuno dei miei figli e hanno insegnato loro a costruire pezzetto alla volta le prime basi della loro vita. Credo nell’insegnamento cattolico quanto nella libertà di pensiero, perché è il modo in cui insegniamo ai figli (e ricordiamo a noi stessi) che esiste una parte spirituale di noi che va coltivata. Credo fortemente che i bambini che hanno frequentato San Marco ne abbiano ricevuto un valore aggiunto.

Credo anche che l’Amministrazione Coletta abbia il peccato originale di non saper dialogare con la città, di dare per scontato che fare le cose nel segno della legalità e tenendosi alla larga dalla politica del do ut des, li esoneri dal dover rendere conto alla comunità delle scelte fatte, li esima dall’ascolto, anche quando le questioni toccano sentimenti profondi. Il senso di appartenenza infatti non è uguale per tutti. E c’è chi si riconosce nella comunità di San Marco e la considera un’istituzione irrinunciabile.

Le salesiane dal canto loro hanno annunciato il loro addio (forse anche per mancanza di risorse umane) e lo hanno fatto di fronte ad una proposta che includeva il comodato gratuito della scuola (con manutenzione della stessa da parte del Comune) e un contributo economico erogato dall’Ente locale da stabilire insieme. Hanno chiuso, a me pare, non in serenità, ma in rottura, di fatto non accettando di sottoporsi alla regola fondamentale del nostro ordinamento: siamo tutti uguali davanti alla legge e non devono esistere trattamenti preferenziali. Tradotto: gli ordini religiosi cattolici non possono essere preferiti a operatori laici o di altre confessioni. Può essere un principio scomodo, è vero.

Nemmeno l’opposizione in consiglio comunale (Forza Italia, Fratelli D’Italia, Pd e Noi con Salvini) ha avanzato proposte alternative concrete. Pretende che sia il sindaco a trovarle. O che si forzi la legge. E minaccia di occupare l’aula consiliare proprio il 28 dicembre nel giorno in cui si devono approvare contratto di servizio e capitolato per dare gambe alla Abc, l’azienda dei rifiuti grazie alla quale Latina dal 1 gennaio dirà addio alla malsana gestione Latina Ambiente (la spa è fallita) e si doterà di un servizio totalmente pubblico.

Ci sono poi le altre congregazioni religiose, per le quali Latina non sembra prodigarsi altrettanto. Non si sono ancora ufficialmente pronunciate sulle soluzioni trovate dal Comune, le altre religiose dei 5 ordini che attualmente, come le suore di San Marco, svolgono il ruolo di educatrici scolastiche. Nessuno le ha nominate. Forse, vocazioni permettendo, pensano di partecipare al bando pubblico? E altre ancora, come quelle del Sacro Cuore, accolgono decine e decine di bambini ogni anno facendo pagare un contributo alle famiglie, da sempre.

Come vedete tutti hanno le loro ragioni, e siamo chiamati a giudicarle non solo con il nostro personale parametro, ma anche con quello dell’oggettività che è la legge a fissare. Facciamo perciò un attimo di silenzio, altrimenti sarà come un divorzio in cui due genitori impegnati a farsi la guerra, finiscono per oltraggiare e ferire i loro stessi figli.

Il Natale può essere un’ottima occasione per deporre le armi.

Auguri a tutti.

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