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di e con Angela Iantosca

Suoniamo all’unisono

LATINA – Stamattina avrei voluto parlarvi di Palermo e di quella orchestra multiculturale Quattrocanti formata da una cinquantina di giovani di quartieri come la Vucciria e Ballaró. Quartieri difficili, storie difficili di cui i ragazzi dell’orchestra e noi ci dimentichiamo grazie alla musica. Avrei voluto raccontarvi di come il teatro Politeama dà gratuitamente gli strumenti a questi giovanissimi, offrendogli una grande occasione di integrazione e, prima di tutto, di conoscenza della bellezza. Di come quei ragazzi, suonando insieme sullo stesso palco, facciano dimenticare il colore della loro pelle e mostrino che le differenze non esistono. Che se ci sono occasioni di crescita, se ognuno ha una chance, se si crea una alternativa, intraprendere una strada diversa è possibile.
Ma poi ieri a Roma ho incontrato i famigliari di alcuni ragazzi ex tossicodipendenti che hanno intrapreso un percorso in comunità e allora ho deciso di condividere con voi quel momento. Di parlarvi di quelle madri presenti, in cammino anche loro, di come raccontano dei loro figli, delle scelte difficili e dell’uscita dalla droga; di quel padre che mi si è avvicinato con le lacrime agli occhi dicendomi che suo figlio a breve entrerà in comunità e che lui è un padre addolorato ma che ha capito che le ferite si curano con l’amore. E che è l’amore (la sua mancanza, la sua violazione) la ferita più grande. Per tutti. E che chi si droga è come un vaso che non si riempie mai. E che tutti noi siamo vasi e che ognuno prova a colmarsi come può. Che ognuno ha ferite e dipendenze più o meno lecite.
E che chi è diverso da noi è molto più simile a noi di quanto si pensi. E che non importa da che quartiere provieni. Perché prima di essere immagine di un quartiere, prima di essere uno stato sociale, un attestato di laurea, un conto in banca, una ‘razza’, un colore di pelle, una religione, siamo persone. Che dovrebbero provare a suonare tutte insieme, in una stessa orchestra. All’unisono.

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