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Covid-19, la nuova emergenza vista dal Goretti. Lichtner: “Situazione clinica critica. Bisogna lavorare su più piani e tutti insieme”

Per decidere su ospedalizzazione e dimissioni si usa un algoritmo. La degenza media si è ridotta

LATINA –  Al Goretti di Latina si usa un algoritmo per gestire ricoveri e dimissioni dei pazienti Covid,  perché c’è bisogno di rapidità, rigore e sistematicità, vista la pressione creata dall’aumento dei contagi, con le ambulanze che arrivano di continuo trasportando pazienti che stanno male. Nell’algoritmo si inseriscono i parametri più significativi e si ottiene il risultato: dentro o fuori. Curati in struttura o a casa. Dimessi.

In un momento in cui la diminuita mortalità fa sentire tutti più al sicuro e si traduce spesso in scarsa attenzione ai comportamenti corretti, abbiamo chiesto alla professoressa Miriam Lichtner  che dirige la Uoc di Malattie Infettive del Goretti di Latina e coordina l’equipe multidisciplinare per la gestione dei pazienti Covid, di raccontarci questo particolare momento, con gli occhi di chi vive in ospedale. Dove l’obiettivo resta la cura dei pazienti.

La situazione è di estrema gravità clinica, perfettamente sovrapponibile a quella di marzo. Affermare che i ricoveri sono in qualche modo eccessivi, come si sente dire in questi giorni, personalmente  mi ferisce molto. Al Goretti usiamo un algoritmo in cui inseriamo i parametri clinici con gli esiti degli esami di laboratorio e strumentali, per essere più precisi possibile, senza mai perdere di vista il paziente nella sua specificità. Chi ha pochi sintomi, ovviamente sta a casa. I pazienti sintomatici, che non hanno polmonite né altri danni d’organo, vanno a casa, ma se sono soggetti fragili si attiva per loro il telemonitoraggio. I pazienti con polmonite invece vengono ricoverati se la polmonite è grave o se è associata a fattori di rischio che, per esperienza, aggravano il decorso della malattia”.

I pazienti fragili, i malati cronici, i malati oncologici, gli anziani sono i soggetti che rischiano di più. Ma ricoverate solo anziani?

“No, al contrario. Solo un 30% dei nostri ricoverati ha co-morbilità. Chi si giova di più del ricovero, del nostro intervento e dell’ospedalizzazione sono proprio i pazienti più giovani che non hanno co-morbilità o ne hanno poche, ma presentano un quadro molto aggressivo. In questi pazienti possiamo intervenire  con i farmaci, con la ventilazione invasiva e non invasiva e sperare di ottenere buoni risultati. Purtroppo nei pazienti con tante co-morbilità la possibilità di azione per noi medici e anche l’ospedalizzazione, non hanno un’elevata probabilità di successo”.

Ricoverare quindi non è sempre la soluzione giusta.

“L’ospedalizzazione di per sé è sempre una violenza e va evitata dove è possibile, in alcuni casi può rivelarsi anzi dannosa. Dobbiamo sempre valutare, avendo come obiettivo il bene del paziente, qual è la strategia migliore e una delle strategie può essere per esempio lasciarlo a casa.

Abbiamo visto ambulanze ferme davanti al Goretti con pazienti a bordo, mancano i posti letto. Quando si scioglierà questa situazione? Dando naturalmente per scontato che se i contagi continueranno a crescere, non avremo mai un ospedale abbastanza grande… Insomma qual è la situazione oggi al Goretti?

Abbiamo più di 100 posti dedicati ai Covid e tutti occupati. L’attivazione della Medicina d’Urgenza avvenuta in questi giorni consente ai pazienti che stanno facendo il casco Cpap  – e che vanno monitorati costantemente  – di avere un luogo adeguato. Due interi piani sono stati dedicati ai Covid e nelle prossime ore saranno resi disponibili altri posti.Abbiamo anche l’Hotel Covid con 50 posti letto per ricoverare pazienti che hanno bisogno di bassa intensità di cura o che non possono stare isolati a casa. E’ chiaro che è una rincorsa costante. Io sono fiduciosa perché la degenza media nel nostro ospedale si è ridotta: ricoveriamo precocemente, iniziamo presto le cure ed  evitiamo la brutta piega della diffusione virale a tutto il corpo.

Ma se mancano i posti letto, bisogna accelerare la riconversione dell’ospedale?

E’ chiaro che bisogna aprire altri spazi ospedalieri dedicati al Covid, ma è necessario anche tutelare i malati non Covid che sono già stati molto penalizzati nei mesi scorsi. E’ volontà di tutti mantenere in funzione tutte le assistenze. E’ un lavoro difficile quello che si sta facendo e serve la collaborazione di tutti, una soluzione da sola non basta: lavorare sui ricoveri, sulla riduzione della diffusione dell’infezione e dall’altra parte agire e potenziare tutto l’ospedale, perché possa lavorare al meglio, e proteggere le persone fragili. Vanno ringraziati tutti i medici, di tutte le branche che stanno lavorando all’emergenza. E adesso sono arrivati 18 neolaureati, pieni di entusiasmo, che daranno il loro contributo.

Qual è la prospettiva?

Come l’altra volta avremo un incremento dei casi di contagio, quindi dei casi di malattia, purtroppo anche un aumento dei decessi e poi ci sarà una discesa. Bisogna tenere duro e lavorare su più livelli, tutti  insieme, senza accusarsi a vicenda. Solo così potremo uscire da questa situazione che è davvero drammatica, secondo me più di quella di marzo”.

Professoressa Lichtner, è bastata l’estate e i sanitari in un attimo si sono trasformati da eroi, a inventori di emergenze, quasi miscreduti in certi ambienti.

“E’ frustrante e ferisce soprattutto chi non ha potere decisionale. Per fortuna, però, lavorando tanto, abbiamo poco tempo per occuparci di dibattiti sterili, parliamo invece molto con i nostri pazienti ricevendo grande riconoscenza e questo ci salva. Che cosa si può dire: tutto quello che viene detto fuori da qui, senza conoscere la realtà dei fatti, penso sia qualcosa che svanirà a brevissimo”.

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