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ottobre rosso

Gli affari di Tuma a Latina, Circeo e Terracina, Pontecorvo: “Intestatari fittizi per aggirare i divieti”

Nuova inchiesta patrimoniale della Squadra Mobile dopo una tentata estorsione

LATINA – Nasce dalla denuncia di un uomo minacciato di morte, l’inchiesta “Ottobre rosso” conclusasi con l’operazione della Squadra Mobile di Latina che ha portato questa mattina all’esecuzione di tre ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di Gianluca Tuma, 51 anni di Latina; Gino Grenga 40 anni di Latina, e di Stefano Mantovano, 51 anni anche lui di Latina, accusati a vario titolo di tentata estorsione, trasferimento fraudolento di beni e violazione degli obblighi inerenti la sorveglianza speciale, misura alla quale da giugno 2019, e per la durata di tre anni, è sottoposto il primo dei tre arrestati e principale indagato. Indagati nell’inchiesta anche due arabi di 31 anni e 69 anni,  gestori di un pub al Circeo e per i quali il pm aveva chiesto la custodia cautelare non accolta dal Gip Cario.

L’indagine è stata illustrata questa mattina in una conferenza stampa dal Questore di Latina Michele Spina con il dirigente della squadra mobile Giuseppe Pontecorvo e prende il via un anno e mezzo fa quando un uomo si presenta in Questura a Latina riferendo di essere stato minacciato e di temere per la propria incolumità. Racconta di aver incassato due assegni dal valore di  6000 euro l’uno per conto di Tuma, di avergli fatto un favore, perché lui non poteva incassarli, ma di essersi poi trovato al centro di una complicata contesa: di aver incontrato un terzo uomo che aveva sostituito gli assegni con altri due di nuova emissione risultati poi protestati, e di non aver quindi mai restituito le somme a Tuma perché di fatto non incassate. Riferisce anche di essere stato per questa ragione bersaglio  di minacce da parte di più emissari dello stesso Tuma che chiedevano la restituzione delle somme e di essersi determinato a denunciare dopo che Mantovano aveva pronunciato la frase: “altrimenti finisce male”.

Con gli approfondimenti investigativi prendono il via anche nuovi accertamenti patrimoniali che ripropongono agli occhi degli investigatori un quadro già visto, quello dell’inchiesta Don’t Touch.

“Le indagini hanno documentato come il principale indagato, Tuma, già coinvolto, e successivamente condannato, nell’operazione di polizia Don’t touch, abbia nel tempo attribuito a propri complici la titolarità di società o quote sociali, allo scopo di eludere la misura di prevenzione della Sorveglianza Speciale a cui è sottoposto dal 2019 che prevede, tra l’altro, il divieto di ottenere licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio –  spiega il dirigente della squadra Mobile Giuseppe Pontecorvo –  E’ emerso infatti che varie attività commerciali nel campo della ristorazione e pub, aperte tra Latina, Terracina e San Felice Circeo, sono gestite di fatto da quest’ultimo avvalendosi però di intestatari fittizi, ossia gli altri due arrestati di oggi, i quali agiscono nelle vesti di amministratori e soci”.

Le risultanze dell’attività d’indagine di Procura e Squadra Mobile sono state condivise dal G.I.P. del Tribunale di Latina Giuseppe Cario che ha disposto le misure cautelari e il sequestro dei beni di cinque società e dei relativi conti correnti, di fatto riconducibili a Tuma. Si tratta di ristoranti, pub e bar che si trovano nel centro di Latina, in Viale Tittoni a San Felice Circeo e a Terracina.

“Il canovaccio – ha spiegato il vicequestore aggiunto Pontecorvo – ripercorre l’inchiesta Don’t touch quando Tuma era stato indagato per fatti analoghi”. Gli affari avevano superato i confini di Latina per estendersi alle due città balneari, ma non è tutto: “Secondo quanto emerge dalle intercettazioni, Tuma aveva anche la chiara intenzione di ampliare il suo raggio di azione con investimenti a Roma”, spiega l’investigatore . L’ammontare dei sequestri è ancora da quantificare con precisione, ma si parla di alcune centinaia di migliaia di euro.

 

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