LATINA – Maria ha vent’anni e si è trasferita a Latina dopo aver terminato gli studi in Ucraina per ricongiungersi alla mamma che da dieci anni vive nel capoluogo. Venerdì era in piazza del Popolo per dire “No alla guerra”. Si sente impotente, un sentimento che attanaglia tutta la comunità ucraina: qualcuno vorrebbe tornare a casa a combattere al fianco di genitori, fratelli, amici, tutti sono intrappolati in un presente doloroso, mentre le bombe cadono sulle teste degli affetti più cari, a Kiev si combatte in strada, manca il pane e i medicinali e il benessere conquistato lavorando a migliaia di chilometri di distanza, improvvisamente non basta più.
Maria da quando è arrivata ha imparato rapidamente l’italiano, anzi parla già con accento pontino, si è fatta apprezzare dalle persone che ha conosciuto, si è iscritta ad un corso per parrucchiera e ha già cominciato a lavorare. I suoi occhi chiari sono smarriti: “Casa di mia nonna fuori città è stata bombardata- ci racconta – la mia madrina ferita a un braccio, mi sembra un incubo. I nostri amici sono in fuga, si devono nascondere sotto terra. E noi, qui, non sappiamo che cosa fare, è terribile”.
IL RACCONTO
