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LIBRI
Giovedì alla Mondadori “Mentre l’orchestrina suonava Gelosia”

LATINA – Giovedì prossimo alle ore 17,30 presso la libreria Mondadori in via Cesare Battisti a Latina, si terrà la presentazione del libro “Mentre l’orchestrina suonava «Gelosia»”, di Antonio Roccuzzo. Alla presentazione interverranno, oltre all’autore, il senatore Roberto Di Giovan Paolo, componente della Commissione speciale Diritti Umani, il segretario provinciale del Partito Democratico Enrico Forte e il responsabile dell’Ufficio di Programma del Pd Latina Crescenzo Fiore.

Antonio Roccuzzo, caporedattore di La7, è nato a Catania nel 1958, e proprio in Sicilia ha iniziato la sua carriera giornalistica cominciando a lavorare nel 1980 per il Giornale del Sud di Pippo Fava. Era uno dei ragazzi che furono lanciati dal quotidiano catanese, il primo contro la mafia. Successivamente seguì il suo direttore responsabile a I Siciliani. È stato anche collaboratore de L’Espresso e capocronista della Gazzetta di Reggio Emilia.

Nel gennaio 1984, Pippo Fava, trovò la morte per mano di un killer di Cosa Nostra. Cinque anni prima della tragedia, Fava era direttore del “Giornale del Sud” mentre il giovanissimo Antonio Roccuzzo varcava per la prima volta la soglia della redazione stringendo, giorno dopo giorno, un profondo rapporto professionale e umano con lui. Con lo sguardo di chi ha vissuto i fatti in prima persona, “Mentre l’orchestra suonava «Gelosia»” ricostruisce l’odioso delitto di un uomo colpevole di aver tenuto alto il nome della verità e insieme racconta la storia professionale e umana di una generazione di giornalisti e intellettuali che hanno avuto il coraggio di non piegare la testa e di portare avanti le proprie idee. “Mentre l’orchestrina suonava Gelosia” fu il titolo della prima cronaca di Antonio Roccuzzo riguardante un omicidio di mafia, sceneggiato da Fava su un particolare inesistente: la musica, sulla scena del delitto, proveniva da un mangiacassette. Il giovane Roccuzzo si ribella: “Non c’era orchestrina!”. Fava sorride: “E’ più efficace così”.

«Era un uomo pignolo e scanzonato – afferma l’autore del libro parlando del suo maestro Pippo Fava – con le debolezze e le fissazioni di ogni siciliano: i grandi piatti di spaghetti con salsa, basilico, ricotta salata e melanzane, una buona nuotata, la passeggiata sul corso di Taormina. Il sole. Le donne. Il sesso. I sogni realizzati un attimo dopo averli fatti. L’instancabile voglia di raccontare e raccontarsi. La voglia di ridere e di dissacrare i potenti. Aveva la sfrontatezza e l’allegria di un ventenne. Giocava a calcio, preso in giro dagli amici: grande stratega e teorico negli spogliatoi, in campo era un disastro, ma non lo avrebbe mai ammesso. Si appassionava alla competizione sportiva, senza violenza, per misurarsi con gli altri. Voleva vincere. Non metteva mai in preventivo la sconfitta e, proprio per questo, non era, né sarebbe mai stato, un eroe retorico. Gli piaceva troppo vivere e per questa semplice ragione credo che non avesse mai pensato di poter diventare – un giorno – lui stesso un simbolo o un eroe: è solo che non immaginava di vivere e fare il suo mestiere di cronista in un modo diverso. Aveva paura di invecchiare e amava troppo la vita, anche le piccole debolezze che te la fanno godere e alle quali non avrebbe mai rinunciato».

Ma il libro non è una biografia del giornalista Fava, bensì uno spaccato della realtà attuale in Catania e in Sicilia – metafore di un intero paese – dove tutto si è mosso ma non sono cambiati scenari e problemi: ripercorrere le vicende di allora servirà quindi a capire meglio il presente.

 

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