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crisi senza fine

In consiglio comunale, i licenziati raccontano le loro storie

Un documento condiviso con le prossime cinque mosse per lottare

Avio1 (1)LATINA – Si è tenuto questa mattina il consiglio comunale monotematico sulle crisi aziendali in atto sul territorio di Latina, in particolare quella di Aviointeriors, con i 70 lavoratori licenziati che hanno partecipato in massa e che hanno ottenuto la firma di un documento condiviso da maggioranza e opposizione che impegna il Comune a muoversi su cinque punti fondamentali: mantenere alto l’interesse per tutte le imprese in crisi sul territorio pontino; informare il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Presidente della Regione Lazio, sullo stato di crisi in cui versa il sistema produttivo del territorio; promuovere in Regione Lazio ed il Parlamento Nazionale la proposta di una normativa speciale che favorisca il mantenimento sul territorio delle attività produttive e infine mettere in campo tutti gli strumenti a disposizione dell’Amministrazione Comunale per consentire la riassunzione dei dipendenti licenziati delle cooperative sociali, delle cooperative socio – sanitarie ma anche delle imprese partecipate da capitale dell’Amministrazione Comunale di Latina.

In un primo momento i lavoratori presenti non hanno potuto prendere parola allora è montata la protesta con la minaccia di andare via se non avessero potuto dire la loro, ecco dunque che il consiglio si è trasformato in un dibattito in cui i lavoratori hanno voluto far capire che la situazione è drammatica sul fronte lavoro e che se non si cambia tendenza, se la politica non si mette in gioco, c’è il serio rischio che molte altre aziende andranno via.

DELLA PENNA – “Condivido – ha affermato nel suo intervento la presidente Della Penna – il fatto che gli operai ci richiamino continuamente ai nostri doveri. Come istituzioni locali è davvero importante dimostrare la nostra vicinanza ai lavoratori e alle loro famiglie. Sappiamo che non abbiamo tutti gli strumenti per affrontare quello che è ormai diventato il ‘Caso Latina’ quando si parla di economia e di aziende in crisi con migliaia di posti di lavoro persi nel corso degli anni. Quello che però possiamo e vogliamo fare è sostenere, con forza, le battaglie degli operai ma anche delle aziende sane che vogliono rimanere, investire, in questa provincia e chiedono strumenti adatti per affrontare questa gravissima crisi che riguarda l’Avio Intersiors e la Sapa così come moltissime altre realtà”. Il presidente ha contattato il prefetto di Latina e confermato che prima possibile verrà fissata la data per un primo incontro. “Poi – ha aggiunto – andremo sui tavoli regionali e nazionali dove ci sono gli strumenti per intervenire. Coinvolgeremo la Regione e il Governo, dobbiamo avere forze trasversali per affrontare questa crisi e per prendere decisioni che offrano soluzioni concrete. Insieme al sindaco Di Giorgi e agli altri sindaci sono pronta a lavorare con gli operai, con i sindacati, con le associazioni di categoria. In queste settimane ho incontrato tanti lavoratori e tanti rappresentanti sindacali, molto spesso mi capita di percepire un senso di rassegnazione, di vuoto, davanti a questi gravissimi problemi. Un senso di rassegnazione che riguarda anche l’opinione pubblica, per questo è importante tenere alta l’attenzione su queste problematiche e anche per questo il nostro ruolo è essenziale: non dobbiamo abituarci, mai, alle aziende che chiudono, ai posti di lavoro persi, alla crisi. Visitando la Sapa, giovedì scorso, ho avuto la sensazione che il tempo, in quella fabbrica, si sia fermato: i macchinari, bloccati un giorno d’estate con un cartello appeso davanti l’ingresso, si trovano lì, nello stabilimento, ancora pronti ad entrare in azione, sopra ci sono ancora i fogli di alluminio pronti per essere lavorati. Qualcuno ha spento l’interruttore di quella azienda di punto in bianco, il compito della politica deve essere, al contrario, quello di spingere il bottone che accende i macchinari della Sapa e quelli di tante altre aziende. Continuare a tenere fermo il mondo economico di questa provincia in un momento di fortissimi cambiamenti è inaccettabile: noi faremo di tutto per rimetterlo in moto”.

LETTERA APERTA DEGLI OPERAI – Chi scrive è il coordinamento “operai uniti” in nome del popolo dei senza lavoro della provincia di Latina.

Noi siamo quelli che non dormono più a casa la notte.
Dormiamo nelle fabbriche, davanti i cancelli di queste, e per chi tra di noi non ha più un posto di lavoro fisico davanti o dentro il quale dormire, restiamo insonni davanti i tribunali in attesa di giustizia.
Siamo quelli che in nome dell’articolo Uno della Costituzione non ci pentiamo di averlo fatto. Siamo lì ogni giorno a permettere a tutti gli indifferenti che distratti passano davanti ai nostri presidi. Che c’è una guerra in corso.
Siamo quelli che le battaglie per il lavoro le hanno fatte tutte. In forma organizzata come ci hanno insegnato a fare. Siamo scesi nelle piazze tutte le volte, abbiamo camminato in tutti i cortei, nel rispetto delle istituzioni, della legge, del diritto al lavoro e per il lavoro di questo Paese.
Siamo quella generazione che la ” zappa non l’hanno tradita”, cresciuti in famiglie che se non avevi voglia di studiare “dovevi andare ad imparare un mestiere” e se avevi studiato grazie al sacrificio dei tuoi genitori dovevi onorare con il lavoro tutto quel sudore.
E così abbiamo lavorato e prodotto PIL in questo Paese e in questa provincia, chi in catena di montaggio, chi con il diploma, da tecnico o in ufficio.
Siamo quella generazione convinta che i figli devono studiare per avere migliori opportunità.
Siamo quei lavoratori che alla fine della prima repubblica e a metà del loro percorso previdenziale hanno visto la prima riforma delle pensioni, perché il retributivo era iniquo e mandava in pensione a quarant’anni.
Abbiamo scoperto che sacrificando un po’ di tfr e con il ricalcolo dei contributi potevamo garantire la continuità delle pensioni pubbliche.
E così l’abbiamo salvata la Repubblica…. sacrificare qualche diritto per garantire a tutti un po’ di futuro, ci pareva questo un sacrificio nobile.
Siamo quei lavoratori che quando sono arrivati i morsi della globalizzazione, la crisi economica in questo Paese era soprattutto psicologica, non abbiamo reagito quindi al fallimento della seconda Repubblica e nemmeno risposto in modo organizzato all’ennesima riforma delle pensioni e ad un’altra operazione di raffinata matematica ci ha consegnato il dramma degli esodati.
Dalle TV ci hanno urlato sia noi che a loro, che di futuro ne abbiamo risparmiato così tanto !!! Che nei confronti dei nostri figli non abbiamo fatto altro che accumulare privilegi!!!
Siamo quelli che non li avete mandati in pensione a quarant’anni perché erano scandalosamente giovani, ma che sono diventati improvvisamente “vecchi” per tutti i mercati del lavoro! compreso quello in nero e degli schiavi!
Siamo quei lavoratori che nelle ri-organizzazioni di aziendali abbiamo sempre denunciato attraverso le nostre RSU le scelleratezze di certi imprenditori, i loro piani aziendali, le cessate attività che nascondevano i fallimenti, e dei fallimenti che nascondevano frodi ed evasioni fiscali.

Li abbiamo denunciati e ci pareva di aver fatto in nostro dovere di cittadini onesti di questa Repubblica.
Noi siamo quei lavoratori che la dignità ce l’hanno tolta in un solo giorno, tra le righe scarne di una lettera di licenziamento.
Noi che ci vergogniamo davanti ai nostri genitori che pagano le nostre bollette con la loro misera pensione, noi che non abbiamo nessuno, perché le famiglie fanno fatica a superare tutte queste difficoltà.
Noi siamo quei genitori che gli ultimi risparmi servono a mandare via i nostri figli a cercare un futuro migliore in un altro Paese, perché tutto questo sacrificio di tempo e sudore sembra non essere servito.
Siamo quei lavoratori che hanno creduto in questa comunità, nelle sue leggi, nello statuto dei lavoratori. In quello che resta dell’articolo 18.
Siamo quelli dei presidi in fabbrica di questa Provincia, ognuno con differenti vertenze aperte, ma con un’unica condizione alla quale ci siamo costretti.
Siamo quelli che il turno di notte, adesso, lo fanno per la dignità di tutti voi che ascoltate, di questa sofferenza che non capite e non riuscite a comprendere.
Per ricordare a tutti, se ce ne fosse bisogno, che a furia di risparmiare futuro, siamo rimasti senza il nostro! Perché dopo tutta questa lotta, nei codici non scritti di questo Paese e di questa Provincia, noi siamo quelli che hanno alzato la testa e quelli che non lavoreranno più.
Quelli che in fondo se ne stanno in assemblea permanente è perché magari non hanno voglia di lavorare, perché è gente senza ragione, alla quale possiamo anche togliere le ragioni della loro protesta.
Possiamo infine pensare che dividendoli tra precari e posto fisso, abbiamo diviso i buoni schiavi da quelli cattivi.
Noi siamo quella generazione di lavoratori, che hanno fatto grande la rappresentanza sindacale e politica in questo Paese, è sulle nostre disgrazie che oggi vi potete indignare, essere solidali, sentirvi buoni, venire a fare qualche foto, esercitarvi nei comizi.
Questa vostra presenza non ci importuna più di tanto, fa parte del gioco, perché vi abbiamo delegato a farlo, ma dovete sempre ricordarvi che delegare non significa affidare ogni ragione alle vostre ragioni.
Chi vuole rappresentare un altro deve compiere un atto di grande generosità. Avere lo spazio fisico, per due cuori, provare scrupoli per due coscienze, portare il peso di due responsabilità.
E dopo aver fatto tutto questo, non deve interpretare quello che un altro pensa, deve ascoltare quello che un altro ha da dire.
Questa Lettera Aperta dai presidi di questa provincia, non è un testamento e nemmeno un grido di dolore, è la coscienza lucida di chi non ha smarrito l’esercizio della dignità, del senso di giustizia e della possibilità che anche voi ritroviate la motivazione di rappresentare le nostre istanze, di ascoltare le nostre richieste e di sentire il peso delle verità che vanno dette.

Operai Riuniti

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