ASCOLTA RADIO LUNA ASCOLTA RADIO IMMAGINE ASCOLTA RADIO LATINA  

operazione senex

Anziani insultati e maltrattati nella Rsa di Latina, ai domiciliari la 49enne responsabile

Tre persone denunciate. Botte e minacce se chiedevano di andare in bagno o di essere lavati

LATINA – “Se non stai fermo ti lego ad una sedia”. E poi giù schiaffi e spinte. La scena raccontata da una testimone che non ha girato la faccia dall’altra parte, ma ha sporto denuncia, è avvenuta in una Rsa alla periferia di Latina gestita da una società pontina e la vittima era un anziano incapace di difendersi. Una casa di riposo trasformatasi in un incubo per gli ospiti secondo quanto emerso in un’inchiesta della Guardia di Finanza che ha eseguito la misura cautelare degli arresti domiciliari per la responsabile della struttura, una donna di 50 anni accusata del reato di maltrattamenti, aggravato dalla circostanza dell’aver commesso il fatto in danno di persone ospitate presso strutture socioassistenziali, attraverso l’utilizzo reiterato di metodi di vessazione fisica e psicologica, nei confronti degli anziani ivi ricoverati, costretti a vivere in uno stato di costante soggezione e paura, oltre che di disagio psico-fisico.  Tre persone sono state denunciate.

Nell’operazione Senex, tutto è partito dalle denunce di alcune ex dipendenti che hanno fatto scattare le indagini, poi sono state raccolte altre testimonianze e riscontri. In un caso la donna ha preso un anziano per il collo e gli ha lanciato addosso dei biscotti minacciando ritorsioni, in un’altra circostanza invece un ospite è stato trascinato a terra “come sacco di patate”. Le indagini dei finanzieri sono state coordinate dal sostituto Marco Giancristofaro della Procura della Repubblica di Latina e hanno portato alla luce quelli che gli investigatori hanno descritto come “allarmanti episodi di maltrattamento, fisico e psicologico”. Persone psicologicamente fragili, disabili ed indifese, vessate e mortificate con continue ingiurie e minacce, schiaffi, spinte, strattonamenti,  e verbali, offese e insulti. Per l’assistenza le  famiglie delle vittime pagavano una retta mensile tra i mille e i 1.500 euro.

Anche la somministrazione dei farmaci avveniva in modo superficiale e non aderente alla corretta terapia, invertendo talvolta i programmi terapeutici, per metterli a tacere durante il giorno, ed era totale il disinteresse per le richieste di soddisfare bisogni primari ed essenziali, quali l’alimentazione, la necessità di essere lavati o di usufruire dei servizi igienici.

 

Clicca per commentare

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

In Alto