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l'intervento

Calandrini contro Coletta : “Dio ne scampi dalla filosofia”. Lo scrittore Antonio Pennacchi e il confronto in Piazza del Popolo

Il Premio Strega è stato spettatore dell'evento organizzato da Latina Oggi. Ecco cosa ha visto

confdi Antonio Pennacchi

“Non ci vuole la filosofia per governare una città”, ha detto Calandrini in piazza l’altra sera. E lo ha ripetuto più volte: “Latina non ha bisogno di filosofia!”, imputando tale colpa al suo competitor Coletta. L’unico che può ben governare è lui – Calandrini – che è solo ragioniere: mica so’ filosofo o cardiologo io, io di mestiere faccio i conti e li saprò fare bene anche in Comune. “Ah, sì?”, gli ha risposto Coletta: “E perché non li hai fatti nei quasi qundicianni che hai già governato?”

“Ma no, ma che c’entra? Io so’ rinato il 5 giugno 2016. Tutti i voti che ho preso il 5 giugno, e prima ancora alle primarie, hanno chiuso tutti i conti col passato e hanno fatto di me un uomo nuovo”. Lo ha ribattezzato San Giovanni Battista quel giorno – rimettendogli ogni peccato – mentre dallo Scalo venendo a Latina passava sul canale delle Acque Medie. O forse sotto, chissà? Fatto sta, c’era pure qualcuno però, l’altra sera in piazza, che alla fine diceva: “Calandrini col microfono ci sa fare meglio di Coletta. E’ più padrone del palcoscenico”.

Non lo so, ma non è con questo metro che si misura un candidato a sindaco. Sennò chiamavi Martufello. A parte l’audio di Panigutti – l’arbitro – che era basso, a me però Coletta non è sembrato così scarso. Certo un po’ impacciato, meno retorico, arrogante e stentoreo d  Calandrini, ma nello specifico degli argomenti lo ha poi surclassato. Gli ha rifilato due o tre colpi da classico k.o.

Micidiale quello del: “Qui davanti a me stasera, su questo palco, pare quasi ci sia il sosia di colui che ha fatto invece il Presidente del consiglio comunale, per questi lunghi e disastrosi anni”. Ma quello nisba. Come un punching ball di gomma – Nicolino Semprinpiedi – riprendeva la sua solfa: io non c’entro niente, non ho mai comandato, ero solo un notaio. Alle commissioni non c’ero, e se c’ero ho però poi preso i voti e san Giovanni il 5 giugno m’ha purgato: “Quello che conta, è che qua non bisogna fare filosofia”. 

Io il 5 giugno invece avevo votato Pd, Partito democratico, Enrico Forte. E il giorno dopo, saputi i risultati, avevo deciso che al ballottaggio mi sarei buttato su Coletta e le sue liste civiche, per votare comunque contro coloro che ritenevo responsabili del tracollo amministrativo della città. I vent’anni di centrodestra a Latina si chiudono infatti – e questo è sotto gli occhi di tutti – con due commissariamenti prefettizi nel giro di soli quattro anni. Peggio – molto peggio – della peggiore amministrazione democristiana della nostra storia.

Un voto “contro”, quindi, il mio. Ma un voto che si è fatto sempre più deciso ed entusiastico, man mano che andava avanti l’altra sera il confronto in piazza tra Coletta e Calandrini. E più questo accusava quello di filosofia, e più mi convincevo: “Ma dove sta scritto , mi chiedevo, “che per fare il sindaco a Latina devi essere per forza ignorante? Se capisci quaccazzo non lo puoi fare? Solo sencapisci gnente?”

Bisognerebbe che qualcuno spiegasse a Calandrini che filosofia significa anche e soprattutto comprensione dei processi umani – individuali e collettivi – nell’agire storico. Se lui e le amministrazioni di cui è stato parte dirigente avessero avuto un minimo di consapevolezza storico-filosofica – un minimo di senso della storia e dello storicismo – non avrebbero mai consentito, ad esempio, l’abbattimento di quei monumenti viventi che erano i grandi eucalypti su suolo pubblico, per farne edilizia privata. Quella era la nostra memoria – il Genius Loci – e l’hanno uccisa. Non hanno difeso una sola fascia frangivento e volevano costruire addirittura dentro il campo sportivo – disegnato da Frezzotti – dove già giocò l’A.S. Littoria. Hanno fatto più danni loro alla bonifica e alla città di fondazione, di quanti ne abbiano fatti in passato la Dc, i socialisti e i comunisti, che ebbero più rispetto della storia perché avevano – dentro – più spessore filosofico e culturale. DC e comunisti, un loculo infopoint davanti alla stazione di Mazzoni – altro che “Latina Scalo protagonista” – non lo avrebbero mai fatto.

“Con la cultura non si mangia” diceva già Tremonti, e mo’ ci mancava Calandrini: guai alla filosofia! Ma senza una filosofia in testa non si progetta nessun futuro, degno di una comunità. Ci vogliono idee chiare a lungo termine ed uno sguardo attento e riflessivo sull’intero passato. Solo così è possibile dare vita a un nuovo sogno collettivo e costruire scenari e prospettive di sviluppo organico da qui ai prossimi trent’anni. In caso contrario, la città nata dalla palude grazie ai sogni ed agli sforzi dei nostri padri, appassirà sempre più progressivamente nella palude sociale, economica e culturale in cui oggi purtroppo ci troviamo. E con essa appassiranno – oppure se ne andranno e fuggiranno altrove – i nostri figli e nipoti. Ci vuole un balzo d’ali. Energia nuova. Ed una nuova classe dirigente – trasversale e fasciocomunista, oserei dire, come le liste di Coletta – che raccolga dal passato il bene che pure c’era e ne abbandoni per sempre il male, costruendo nuovi sogni a partire proprio da una nuova filosofia della città, estetica in primis, e poi etico-antropologica.

Antonio Pennacchi

P.S. – Poi che ti debbo dire: potrebbe pure essere che basti davvero solo un buon amministratore di condominio, un ragioniere che sappia fare i conti. Chi sono in fin dei conti io – peraltro geometra – per giudicare i ragionieri? Ma che almeno non sia lo stesso che ci ha fatto già fallire due volte, no? Sempre meglio un filosofo o cardiologo, allora.

a.p. – 16 giugno 2016

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