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8 MARZO, FESTA DELLA DONNA
Tacconi, 414 giorni di presidio
La lettera delle operaie “irriducibili”

LATINA – Oggi 8 marzo, nel giorno dedicato alle donne, si contano 414 giorni di presidio permanente per le operaie della Tacconi sud di Latina. La ricorrenza, nata dal rogo in una fabbrica tessile femminile, diventa occasione per ricordare, attraverso una lettera di Rosa Giancola, da sempre alla guida della mobilitazione rosa, una battaglia tutta pontina che avviene neanche a farlo apposta proprio in un’industria tessile.

LA LETTERA – «Assemblea Permanente Tacconi Sud 414 giorni di presidio…. 8 marzo 2012. Un anno fa invitavo in modo accorato a portare una mimosa ai cancelli della Tacconi Sud come segno di solidarietà ad un presidio di sole donne iniziato il 19 gennaio 2011.

Tutti sanno come andò, venne la stampa e i pochi amici che da sempre ci sono stati accanto. Da allora molte cose sono cambiate, io stessa mi sono convinta che le cose migliori, le donne riescono a farle da sole, credendo di più nelle loro potenzialità! E a tal proposito si poteva rinunciare, nella giornata mondiale che festeggia il genere, ad un simbolo così evocativo come l’ultima fabbrica tessile del Lazio a personale interamente femminile? La risposta è ovviamente no, non fosse altro perché la storia del diritto femminile nel lavoro, adottò come simbolo il rogo dei 129 corpi delle operaie di una fabbrica tessile nel 1908 e si ritrova ad essere difeso, mettendo dei corpi al domicilio coatto, sempre in una fabbrica tessile nel 2012 in uno dei presidi più lunghi d’Italia. C’è un elemento ricorrente in questi due simboli, ed è fortemente legato alle donne, l’uso del corpo. Qui in difesa del diritto al lavoro, il corpo delle donne come “luogo pubblico”, così scriveva Barbara Duden in un suo libro sottolineando come da sempre il potere (maschile) legifera sul corpo delle donne; (vedi in Italia) la legge 40 per la fecondazione assistita, il dibattito che da sempre accompagna l’aborto! Lo stupro che solo nel 1996 cessa di essere un reato “contro la morale” e diventa finalmente !Un reato contro la persona. Negli esempi qui elencati, il corpo delle donne è stato (in positivo o in negativo) “regolamentato” come se generasse un diritto soggetto ad essere interpretato.

Il destino del diritto nella nostra democrazia, sembra essere vicino a quello del diritto femminile, “una concessione pro-tempore, soggetta a revisione nel caso mutino le condizioni” . A nessuno sarà sfuggito come la “scoperta del potenziale femminile” sembra essere la panacea di tutti mali, in un momento storico di assoluta afasia mentale, le donne tornano ad essere la soluzione alla complessità che il nostro tempo richiede, come se non fossero mai esistite prima, come se gran parte delle conquiste femminili non avessero mosso la corrente sotterranea “del possibile” .Nel silenzio sono cresciuti i fiori della Libertà, dell’Uguaglianza e del Diritto; fiori nati per sovvertire le leggi di un mondo costruito soprattutto ad immagine e somiglianza degli uomini, dove la misura dell’azione è la forza, la quantità e l’uso, in contrapposizione alla corrente del possibile, dove l’azione è la cura, la qualità e l’esistenza. L’emancipazione femminile è stata una delle più lunghe e silenti rivoluzioni per la quale nessuno ha mai imbracciato un fucile o dichiarato una guerra, in tal senso le donne hanno vinto soprattutto nel metodo, anche se mancano di consapevolezza proprio perché non riescono a riconoscersi tra di loro. Oggi ad essere in difficoltà è il genere maschile perché il suo approccio storicamente ancorato all’esercizio del potere e alla sua conservazione, si ristringe sempre di più, esso è ormai riservato a caste bene definite, alle quali sia gli uomini che le donne non hanno accesso. Cresciuti dalle stesse donne nei miti di sempre non vedono possibile la loro realizzazione perché i mezzi a loro offerti sono molto diversi da quelli goduti dai loro padri, ecco perché la loro crisi d’identità oscilla tra il maschismo violento e la paura delle donne, per la prima volta, forse, sperimentano se stessi come “inessenziali” (direbbe Simone de Beauvoir).

In questi diversi approcci c’è il dramma di entrambi i generi che non riescono, intrisi come sono dei loro stessi miti ad approdare ad un’unica condizione quella degli esseri umani.

Penso che il progresso necessario all’ esistenza di entrambi sia quella di destrutturare i miti stessi della femminilità e mascolinità, non creando per questo un ibrido della specie, ma un individuo che sappia riconoscersi nella diversità e che questa diversità, sia ricchezza e complementarietà, unica vera base sulla quale costruire una relazione “tra esseri umani” caratterizzata da uno scambio autentico, lontano dagli stereotipi che da sempre accompagnano i rapporti di entrambi».

Riceviamo e pubblichiamo da Rosa Emilia Giancola

 

 

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