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IN PRIGIONE IN GUINEA RISCHIA LA VITA
Appello dei familiari di Roberto Berardi
La mamma: “Processo ingiusto il Governo ci aiuti”

Roberto Berardi prima di essere arrestato

Roberto Berardi prima di essere arrestato

LATINA – E’ in carcere da nove mesi nella Guinea Equatoriale, ha perso trenta chili, in carcere non riceve cibo e ha preso la malaria, le condizioni in cui è costretto a vivere in una cella ne mettono a rischio la vita. Lui è Roberto Berardi, imprenditore di Latina che da molti anni vive in Africa.

La colpa dell’uomo, aver denunciato alcuni ammanchi nella società che gestiva con Theodorine, figlio maggiore del dittatore del posto, Obiang Mbasogo. Soldi che dovevano servire per realizzare investimenti e che invece il socio di Berardi avrebbe utilizzato per comprare beni di lusso e persino ad un’asta i guanti di Michael Jackson. Berardi è stato arrestato, condannato in un processo senza tutele e imprigionato in un carcere di Bata la maggiore città della Guinea Equatoriale e ora è allo stremo: è ridotto all’ombra di sé  stesso: “Rischia di morire prima di aver scontato la sua pena”, denuncia Silvana Malafronte, mamma dell’uomo, che  disperata lancia un appello al Governo italiano: “Aiutatemi a salvarlo”. Su Facebook gli amici del cinquantenne hanno aperto un gruppo denunciando il disinteresse dello Stato Italiano alla vicenda.

” ROBERTO BERARDI, IMPRENDITORE ITALIANO DETENUTO DA 10 MESI NELLE CARCERI DELLA GUINEA EQUATORIALE, SENZA SUPPORTO DAL GOVERNO ITALIANO, RISCHIA DI NON TORNARE MAI A CASA DAI SUOI FIGLI, VOGLIAMO RENDERE PUBBLICA LA VICENDA, SPERANDO CHE QUALCUNO SI DECIDA”, vi si legge. Potete unirvi a questo gruppo per sostenerlo.

LA LETTERA DI BERARDI –

Temendo per la mia vita , scrivo nella speranza che qualcuno possa e voglia aiutarmi ad uscire da una situazione che mi vede protagonista e che mi ha portato, da incolpevole, ad
essere detenuto nelle carceri della Repubblica di Guinea Equatoriale ormai da 4 mesi senza nessun capo d’accusa e senza prove a mio carico..
Mi chiamo Roberto Berardi, ho 48 anni e ho passato metà della mia vita in Africa come imprenditore edile e costruttore strade. Ho vissuto in vari stati africani, e negli ultimi 2 anni in Guinea Equatoriale, dove ho fondato un’impresa, la Eloba Costruccion. Conoscendo le leggi Africane e avendo sempre fatto del mio meglio per rispettarle, anche qui mi sono adeguato alla consuetudine che vuole che ogni imprenditore sia associato con un partner locale, e nel mio caso è stato espresso l’interesse da parte del Sig. Teodoro Nguema Obiang Mangue, vice Presidente nonché figlio del Presidente, Teodoro Obiang Nguema Mbasogo. Ovviamente lusingato, abbiamo iniziato la nostra collaborazione. Col tempo mi sono stati affidati diversi appalti, per avviare i quali , nella maggior parte dei casi, ho fatto affidamento sulle mie forze economiche, contando poi di rientrare dei miei esborsi a pagamenti effettuati. Sembrava procedesse tutto bene fino a quando ho riscontrato delle anomalie contabili e movimentazioni sui conti di cui non sapevo nulla. In una discussione con il Sig. Vicepresidente, mio socio al 60%, ho chiesto chiarimenti, ottenendo come unico risultato quello di essere prelevato nella notte dalla mia casa, strappato alla mia famiglia e tradotto in carcere.
Accusato di furto, privato del passaporto, e sottoposto ad ogni genere di controllo, che peraltro non ha prodotto nessun addebito a mio carico e non ha riscontrato nessun comportamento scorretto o appropriazione indebita. Nonostante tutto, anche in assenza di accuse precise, vengo ancora detenuto, mi viene negata la possibilità di rientrare in Italia, e di rivedere i mie figli, ai quali manco da oltre un anno, privato di ogni sostegno  economico, isolato dal mondo e privato di ogni contatto con l’esterno, senza poter ricevere cure mediche, e alimentazione insufficiente. La mia famiglia sta tentando in ogni modo di coinvolgere gli organi preposti del Governo Italiano, fino ad ora senza risultati. Governo Italiano, fino ad ora senza risultati. Prego chiunque ne abbia la possibilità di aiutarmi a tornare nel mio paese, raggiungendo il limite. Sono consapevole dei numerosi problemi che attualmente gravano sul nostro paese, ma spero che qualcuno trovi un momento per prendere a cuore il mio caso, tentando un intervento diplomatico con il Presidente Obiang e consentirmi di porre fine a questa ingiusta detenzione,prima che sia troppo tardi.

Porgo i miei ossequi confidando nell’aiuto da parte della mia Nazione.

Grazie.

Berardi è stato arrestato il 19 gennaio, è stato ai domiciliari tra l’11 febbraio e il 6 marzo e infine condannato e rinchiuso nella prigione di Bata, la maggiore città della Guinea Equatoriale. Il 26 agosto i giudici lo hanno condannato a 2 anni e 4 mesi di reclusione o al pagamento di 1,2 milioni di euro d’ammenda che l’uomo non è in grado di versare.

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