SABAUDIA – Dieci quintali di pesce morto, un vero e proprio tappeto quello che si è depositato nel fine settimana sul fondale del canale romano nel Lago di Paola. Meduse, cefali orate e altre specie morti o moribondi nel tratto che collega il lago al mare. E proprio dal mare – secondo il biologo marino Armando Macali interpellato dai proprietari del bacino, gli eredi Scalfati – arriverebbe la fonte inquinante. Due le ipotesi: la fioritura di un’alga tossica o (più facilmente ) sostanze chimiche fortemente aggressive che sono state disperse in mare – ha spiegato l’esperto – I pesci morti sono stimabili in dieci quintali, e quelli ancora vivi erano talmente storditi e disorientati che si potevano afferrare senza problemi a mani nude”.
Dopo la scoperta (i fatti risalgono almeno a venerdì) sono stati effettuati i campionamenti e sono in corso le analisi per approfondire un fenomeno che appare preoccupante proprio per la sua violenza e per le modalità in cui si è manifestato solo nel tratto direttamente collegato con Torre Paola, non avendo interessato invece il resto dello specchio d’acqua. Probabilmente – spiega ancora Macali – i pesci sono morti cercando riparo nel Lago dopo essere venuti in contatto con la sostanza che li ha ustionati e uccisi mentre erano a mare.
L’INTERROGAZIONE – Intanto per chiarire le cause della vicenda il presidente della commissione ambiente della Camera, Ermete Realacci ha presentato un’ interrogazione al Ministro. “Già in passato il lago di Paola, che è uno dei pochi esempi nazionali di lago salmastro costiero, e l’area del Circeo sono stati purtroppo al centro di episodi di grave inquinamento da scarichi abusivi o irregolari, fitofarmaci, tensioattivi, alghe, nitrati provenienti dalle coltivazioni agricole. Per chiarire le cause di questo ennesimo caso ho sollecitato il ministro, chiedendo di attivare nelle indagini anche gli istituti di controllo ambientale a capo del suo Dicastero, compreso il Nucleo Operativo Ecologico del Corpo dei Carabinieri”.