SEZZE – Si è conclusa Trans Limes, la spedizione guidata da Daniele Nardi, che aveva come obiettivo l’esplorazione dell’area del Saltoro-Kangri-Range (Karakorum), e dell’area delle valli Kondus-Lachit-Kaberi, in una zona contesa fra India, Pakistan e Cina, un’area del mondo in cui non venivano concessi permessi da 16 anni. Quarantacinque giorni tra scalate e cime inviolate che ora anno un nome: “Una parete è stata chiamata Alison Peak, in onore di Alison Hargreaves, l’alpinista britannica, madre di Tom e Kate, scomparsa sul K2 nel 1995”, spiegano gli alpinisti.
Positivo il bilancio delle esplorazioni: “Venendo qui volevo lanciare un messaggio a Cina, Pakistan e India perché trovino un accordo per far diventare il Kondus un parco mondiale aperto ad alpinisti ed escursionisti. L’obiettivo è duplice, permettere a queste zone meravigliose di crescere da un punto di vista turistico e garantire maggiore sicurezza a quelli che vengono in questa area. Mi piace l’idea che l’alpinismo abbia anche delle finalità più alte e diventi uno strumento di unione fra i popoli”, ha detto l’alpinista di Sezze che è ambasciatore per i Diritti Umani nel Mondo.
Con Nardi c’era una squadra composta dall’inglese Tom Ballard e sua sorella Kate, dagli italiani Marcello Sanguineti e Gianluca Cavalli Accademici del Club Alpino Italiano e Michele Focchi, dal sudafricano Cuan Coetzee e dal fotoreporter Pierluigi Martini, che ha avuto il compito di documentare la spedizione.
LO STOP SUL LINKSAR – Non è invece andata a buon fine la scalata dell’inviolata parete nord-est del Linksar: Nardi e Ballard sono arrivati fino al Campo 3 posizionato a circa 6000 metri, da cui doveva partire l’assalto finale alla cima. “Purtroppo le condizioni meteo si sono improvvisamente complicate e una fitta nevicata ci ha bloccato per quasi tre giorni.” A quel punto, considerando anche che i permessi per stare in zona stavano scadendo (il termine era per il 5 settembre), Daniele e Tom hanno dovuto rinunciare. Una bufera di neve e numerose valanghe hanno reso il rientro molto pericoloso. ”Non è stato facile prendere quella decisione, ma le condizioni meteo erano davvero proibitive. Rischio altissimo, la sfida alla montagna resti entro i limiti della sicurezza. La cronaca, anche recente, purtroppo ci racconta di vittime della montagna: a volte c’è fatalità, a volte imprudenza, in altri casi manca una preparazione che consenta appunto di valutare e prevenire eventuali rischi”.
Daniele Nardi rientrerà in Italia mercoledì prossimo, 13 settembre, e inizierà a progettare la sua prossima spedizione, in programma nel 2018.
“Voglio ringraziare – continua Nardi – tutti quelli che hanno reso possibile quest’esplorazione, i miei compagni di squadra in primis con cui ho condiviso dei momenti indimenticabili, i miei affetti, mia moglie e i miei amici. E ancora ringraziamenti particolari per l’organizzazione della spedizione a Maria Elena Martini, Pierluigi Martini e Roberta Fusco, senza i quali questa spedizione non sarebbe stata mai realizzata. Grazie a tutti gli sponsor, all’Agenzia Adventure Guide Pakistan di Ali Saltoro, all’Ambasciata Italiana in Pakistan, all’Ambasciata Pakistana a Roma e alla disponibilità di Fabio Zinanni di Saudi Airlines”.
