LATINA – Il documentario Happy Goodyear, firmato dalle autrici Elena Ganelli e Laura Pesino e prodotto da Soulcrime, è in concorso al Riff – Roma Indipendent Film Festival 2014, in programma dal 16 al 23 marzo prossimi. L’opera sarà proiettata nella giornata di apertura, domenica 16 marzo alle ore 17,30, Sala 1, presso il Nuovo Cinema Aquila in via L’Aquila 68 a Roma.
SINOSSI – Un elenco che conta oltre duecento morti di tumore, decine di malati per patologie neoplastiche, linfomi e leucemie. Il bilancio di morte e disperazione lasciato dalla Goodyear Italiana Spa sul territorio della provincia di Latina parte da qui: dallo smisurato numero di decessi e malattie tra gli operai che fino al 2000, hanno lavorato nei reparti dello stabilimento italiano della multinazionale americana della gomma. Una lista destinata, oggi più di dieci o vent’anni fa, ad allungarsi con impressionante velocità e di cui sembra impossibile dare contezza. La multinazionale statunitense approda in Italia nei primi Anni ’60 grazie ai fondi della Cassa del Mezzogiorno, stabilendosi nel comune di Cisterna. Sembrava dovesse portare benessere e lavoro per l’intera comunità, ma in realtà si è rivelata una fabbrica di morte, una delle tante sparse per l’Italia. Nei vari reparti gli operai respiravano polvere di nero fumo, fibre di amianto, solventi, vernici e ammine aromatiche, lavorando anche a mani nude. L’azienda forniva infatti solo semplici tute blu che i lavoratori non toglievano neppure a mensa. Nessuno di loro indossava mascherine, nessuno conosceva la tipologia delle sostanze che maneggiava ogni giorno né tantomeno i rischi per la salute.
Alla fine degli Anni ’80 un lavoratore scopre di avere un tumore ai polmoni. Il caso sembra isolato, ma così non sarà. Alla fine degli Anni ’90 infatti Agostino Campagna, operaio e rappresentante sindacale, comincia ad annotare su un’agenda rossa i nomi dei colleghi e amici che si ammalano, poi a raccogliere casa per casa le cartelle cliniche. Nel 2000 il Comitato familiari e vittime della Goodyear deposita una denuncia contro la multinazionale presso la Procura di Latina, proprio mentre la fabbrica decide di chiudere i battenti e delocalizzare nell’Est Europa. Le accuse ipotizzate per nove ex dirigenti dello stabilimento sono omicidio colposo plurimo e lesioni plurime aggravate. Una tesi accolta dal Tribunale di Latina nel processo di primo grado, concluso con una sentenza di condanna a 21 anni complessivi di reclusione nei confronti di tutti gli imputati. E in parte ribaltata nel processo davanti alla Corte d’Appello di Roma, che ha invece assolto alcuni degli imputati. Nel frattempo è in corso un secondo processo nel capoluogo pontino per altri morti e altri malati. Questa volta gli imputati sono undici, tutti rinviati a giudizio nel maggio del 2012 con le stesse accuse.
La scia di morte lasciata dalla multinazionale però non finisce qui. L’agenda rossa di Agostino Campagna continua a riempirsi di nomi e croci e si moltiplicano i ricorsi civili per il risarcimento danni promossi dai parenti delle vittime e da ex operai sopravvissuti al cancro