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visite sul campo per spiegare

“La Foresta del Circeo rischia di scomparire”. Per questo il piano di contenimento dei daini è necessario e urgente

L'allarme degli esperti che illustrano la prima fase degli abbattimenti. Previsto anche un nuovo bando per le "adozioni"

LATINA – La Foresta del Circeo rischia di scomparire. Lo raccontano bene le fotografie che pubblichiamo qui, dopo una visita che ha accompagnato l’illustrazione della fase operativa del Piano di contenimento dei daini e dell’azione selettiva che necessariamente lo accompagnerà. E’ completamente brucata: “Mancano i piani vegetali, non c’è una ghianda, non c’è una plantula di cerro, non ci sono piccoli carnivori, ne altri piccoli mammiferi e non si sente più il canto degli uccelli. Dal punto di vista della biodiversità è terribilmente impoverita e non sappiamo nemmeno se questi danni sono recuperabili. Serviranno azioni”. Accade a causa del mancato contenimento degli ungulati incautamente introdotti dall’uomo nel 1953 e ora presenti in quantità non più sostenibili. Ai danni all’ambiente naturale si aggiungono quelli prodotti alle attività dell’uomo, all’agricoltura in particolare, e alla sicurezza stradale, visti i frequenti incidenti.

Una visita guidata nella Foresta seguita alla conferenza stampa che si è tenuta nell’auditorium del Centro Visitatori a Sabaudia ha cercato di rendere più esplicito possibile lo stato in cui versa uno degli ambienti più preziosi e vitali (è Riserva della Biosfera) esistenti nel territorio provinciale di Latina, e più in genere in Italia.

E’ per questa ragione che il piano gestionale dei daini studiato dall’ente Parco Nazionale del Circeo, approvato dal Ministero e dalla Regione per i rispettivi ambiti di competenza, avallato dall’Ispra e da autorevoli esperti, andrà avanti, perché “è dovere istituzionale del Parco Nazionale del Circeo proteggere la Foresta planiziaria” che è anche l’ultimo lembo della gigantesca Selva di Terracina che prima della Bonifica degli anni Trenta occupava 11 mila ettari di costa.  Lo hanno spiegato a chiare lettere il  presidente del Parco Giuseppe Marzano e la direttrice facente funzioni Ester Del Bove, invitando a relazionare sull’argomento anche Giampiero Sammuri,  Presidente Federparchi, Andrea Monaco Ricercatore ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e Daniele Paoloni dell’ Istituto Oikos, responsabile scientifico-operativo delle operazioni di gestione. Sarà dato spazio maggiore anche ai trasferimenti in accordo con alcune associazioni nazionali, ma è irrealistico pensare che questa parte del piano possa da sola risolvere il problema.

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LA FASE OPERATIVA – Terminata la formazione dei 28 “operatori abilitati alle operazioni connesse al piano”, si comincerà con la fase preliminare, ovvero lo screening sanitario che comporta la cattura e l’uccisione di 117 capi che, una volta morti, dovranno essere inviati all’Istituto Zooprofilattico per le analisi necessarie a escludere che siano portatori di patologie trasmissibili. Così prevede la legge. “Nel frattempo  – spiega il neo presidente del Parco, Giuseppe Marzano – un nuovo bando renderà più semplici le cosiddette “adozioni” per favorirle il più possibile anche in accordo con associazioni nazionali”.

«Il dovere istituzionale dell’Ente Parco è quello di tutelare la biodiversità e le specie autoctone. – ha dichiarato il Presidente dell’Ente Parco, Giuseppe Marzano – La popolazione di daino attualmente presente è destinata a un’espansione del suo areale con conseguenze distruttive ed irreparabili non solo per la biodiversità, ma anche su aspetti della sicurezza stradale e danni economici relativi alle colture agricole e serricole. Considerando i seri danni prodotti e quelli in corso, si ribadisce quindi che il Piano gestionale approvato nel 2017 con parere positivo del Ministero dell’Ambiente (oggi Ministero della transizione Ecologica) e dell’ISPRA, è l’unico strumento in grado di assicurare una effettiva riduzione della popolazione di daino. Per tutti questi motivi non possiamo più aspettare e siamo pronti ad entrare nella fase operativa».

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E’ stato il presidente di Federparchi Giampiero Sammuri a spiegare che i piani di contenimento sono utilizzati da anni in tutti e parchi e le aree protette quando un habitat è in pericolo: dallo Stelvio al Parco della Maremma che anche per questa ragione ha ottenuto – ha spiegato l’esperto – il Diploma europeo delle aree protette come riconoscimento della buona gestione. “Solo nel 2020 nei parchi italiani sono stati abbattuti4989 ungulati e 1154 sono stati catturati”.

Durante l’incontro anche la direttrice facente funzioni Del Bove ha sottolineato la necessità di dare attuazione al Piano gestionale del daino per salvaguardare la biodiversità del Parco. Attualmente sono quasi 1800 i daini presenti nei 3000 ettari di Foresta, per una densità di quasi 60/capi ogni 100 ettari: una densità mai registrata in Italia. In cinque anni la popolazione è cresciuta di quasi il 40%, aggravando il forte squilibrio
dell’intero ecosistema della Foresta demaniale, che è anche individuata quale Zona Speciale di Conservazione e core area della Riserva della Biosfera tutelata dall’Unesco.

INFORMAZIONE – Per informare la Comunità del Parco, alcune categorie particolarmente interessate e i cittadini che vorranno capire meglio quello che sta accadendo alla foresta e l’urgenza di agire abbandonando l’attuale diffusa visione antropocentrica, il piano, che  è stato accompagnato sin dalla fase di pubblicazione (prepandemia) da aspre polemiche, sarà accompagnato anche da 10 appuntamenti sul campo promossi dal Parco e organizzati da Pangea e dal Sentiero, di cui sarà presto pubblicato il programma, come ha spiegato Rita de Stefano presidente di Pangea.

ASCOLTA DE STEFANO 

 

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