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gli indagati sono 32

Formia, frode per 80 milioni di euro con falsi crediti d’imposta: 11 misure cautelari

L'operazione riguarda i ristori messi in campo nella fase acuta dell’emergenza sanitaria da Covid-19

FORMIA – Una frode da 80 milioni di euro realizzata con i crediti d’imposta che dovevano servire per aiutare le imprese in difficoltà durante l’emergenza Covid, è stata scoperta dalla Guardia di finanza di Formia e ha portato questa mattina ad un’operazione per l’esecuzione di 11 misure cautelari personali, di cui 4 ai domiciliari, e 7 con l’obbligo di presentazione quotidiano alla Guardia di Finanza competente per dimora, nei confronti di altrettante persone gravemente indiziate di appartenere a un articolato sodalizio criminale con base operativa a Formia, ma ramificato nella provincia di Salerno, che creava e vendeva falsi crediti di imposta, per poter ottenere senza averne diritto le misure di sostegno emanate dal Governo con il decreto rilancio (D.L. 34/2020) durante la fase acuta dell’emergenza sanitaria da Covid-19 per aiutare le imprese in difficoltà.

Nell’ambito dell’operazione scattata all’alba nel sud pontino e a Salerno, svolta con il supporto di sei reparti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Latina e di Salerno, con l’ausilio di un elicottero e delle unità cinofile cash-dog di Fiumicino e Ciampino, sono tutt’ora in corso 33 perquisizioni ed è stato disposto il sequestro dei falsi crediti, di beni mobili ed immobili, assetti societari, denaro e preziosi con le accuse di associazione per delinquere, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e autoriciclaggio.

I DETTAGLI – Tra i destinatari delle misure cautelari ci sono alcuni pluripregiudicati, anche per reati tributari, tra i quali il principale esponente ha sulle spalle una condanna per estorsione e rapina. Le indagini, che hanno richiesto lunghi e approfonditi accertamenti documentali, contabili, tecnici e dinamici sul territorio, hanno consentito di ricostruire come era formato e come operava il gruppo nel quale risulterebbero coinvolte 32 persone, con un nucleo centrale composto dalle 11 undici persone destinatarie delle misure cautelari. Tra queste ci sono gli imprenditori beneficiari, tre  persone con il ruolo di prestanome e un consulente del lavoro.

L’indagine è nata  dall’osservazione di persone che già in passato erano state coinvolte in  frodi fiscali secondo lo schema classico dell’emissione di fatture false a favore di imprenditori compiacenti e dalla successiva analisi di “cessioni di crediti d’imposta” in totale assenza di requisiti. E’ stato così che i finanzieri hanno assistito alla formazione dell’organizzazione criminale e al suo sviluppo con l’ unica finalità  di creare e commercializzazione di falsi crediti di imposta, successivamente monetizzati cedendoli a ignari acquirenti estranei alla truffa, e quindi portati in compensazione con conseguente danno finale alle casse dello Stato.

COME FUNZIONAVA LA FRODE  – “Gli esiti investigativi – spiega la Guardia di finanza –  suffragati da indagini tecniche, controlli fiscali, assunzione di altre sommarie informazioni, interrogazione banche dati in uso al Corpo, esame e sviluppo delle SOS, approfondimento di relazioni informative, acquisizione ed analisi di documentazione, accertamenti bancari e patrimoniali, esame dei dati pervenuti dalla Direzione Centrale dell’Agenzia delle Entrate e dalla Sogei S.p.A., hanno consentito di ricostruire il menzionato sodalizio criminale, che avrebbe adottato un modus operandi consolidato e comune alle cinque  casistiche di crediti d’imposta fittizi generati da Bonus facciate, Bonus Ristrutturazione, Sisma Bonus, Ecobonus e Superbonus

• tramite il professionista membro del sodalizio ed operante nel salernitano, reperire società attive ma con scarsi mezzi finanziari e prive di una struttura organizzativa, intestate a prestanomi, ma funzionali alla creazione degli indebiti crediti d’imposta;

• indicare falsamente, nelle comunicazioni di cessioni crediti nell’area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate, c.d. “Piattaforma cessione crediti”, l’esistenza di crediti d’imposta falsi, in taluni casi anche con la compiacenza retribuita di alcuni proprietari degli immobili;

• cedere, sempre attraverso tale piattaforma informatica, i crediti artefatti, a soggetti e/o società cessionarie compiacenti e/o riconducibili ai medesimi, ottenendo così dalla medesima Agenzia delle Entrate, con l’apposizione del numero di protocollo telematico, l’attestazione della loro esistenza ed esigibilità;

• commercializzare, successivamente, a terzi tali crediti fittizi, che per i passaggi successivi rendono, ex art. 121, co. 4 del D.L. n. 34/2020, il cessionario in buona fede esente da responsabilità penale per la natura fraudolenta di tali crediti, che possono così circolare liberamente e frammentarsi per un numero infinito di passaggi, confondendosi con altri eventuali crediti di origine genuina e rendendo così molto difficoltosa l’esecuzione eventuali controlli a posteriori.

Dalle investigazioni svolte, è emerso inoltre come il meccanismo ritenuto fraudolento veniva perpetrato anche dopo le modifiche normative introdotte dal c.d. decreto antifrode n. 157/2021. Oltre all’ingente danno patrimoniale alle casse erariali, il profitto ottenuto dagli indagati dei reati ipotizzati è stato quantificato in circa 8 milioni di euro; i complessi accertamenti documentali e le indagini finanziarie e patrimoniali svolte dalla Fiamme Gialle hanno consentito di rilevare come tali disponibilità sono state reimpiegate, “riciclate” e/o destinate ad attività di vario genere, quali:

– il trasferimento a medesime società controllate dall’organizzazione anche attraverso prestanomi, al fine di reiterare l’illecita compravendita di crediti d’imposta fittizi;

– investimenti in attività sia commerciali che mobiliari e immobiliari (subentro nella gestione di bar, acquisto di quote di partecipazioni societarie, acquisto di beni immobili);

– operazioni di gioco on-line, “pratica”, questa, sovente utilizzata dalle organizzazioni criminali in quanto consente di entrare in possesso di somme anche minori a quelle giocate, ma apparentemente lecite;

– fatturazioni verso altre società coinvolte e successiva monetizzazione in contanti;

– il trasferimento su conti correnti intestati a una società residente in Inghilterra e riconducibile al consulente del lavoro oggetto di misura cautelare ovvero su conti di trading gestiti dal medesimo.

 

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