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il personaggio

Armando Macali rientra dall’Antartide: “Missione compiuta. Straordinaria esperienza soprattutto umana”

Un bagaglio di racconti, 6000 fotografie e 15 casse di pesce da studiare in laboratorio: "E ora spero di tornare laggiù"

armando Macali in AntartideLATINA – “Pensavo sarebbe stata un’importante esperienza scientifica e di viaggio, ma è stata prima di tutto un’incredibile esperienza umana e sociologica”. Armando Macali dopo due mesi trascorsi in Antartide assegnato alla XXXI Spedizione Italiana dell’Enea per fare ricerca sugli organismi marini, è tornato a casa, a Latina. Abbiamo raccolto il suo racconto. Ascolta

NATURA E INTROSPEZIONESei tornato da quattro giorni, che effetto fa?

“Non nego di aver rischiato un attacco di ansia, al ritorno. Dal punto di vista emotivo e personale non è facile tornare da ambienti così suggestivi dove vivi in continuo ascolto di te stesso e della natura. Si fa un esercizio quotidiano di introspezione. Il rientro in un contesto in cui questa attività è impedita dal consumismo e dallo stile di vita in genere, non è facile. A Londra per esempio, la prima cosa che ho visto è stata la fila per comprare un paio di scarpe. Lì, invece, la ricchezza è altro. Solo per dire, c’è un sito dove si trova una vena d’oro, all’aperto. Nessuno la tocca, è integra”.

I PINGUINI – Un viaggio speciale quello del biologo marino, a cominciare dal buffo benvenuto dei pinguini in fila a contemplare la rompighiaccio Italica appena sbarcata a Baia Terranova, intorno a Natale.

Qual è la cosa più divertente che ti è capitata?

“I pinguini sono la cosa più divertente in assoluto, la forma di vita più curiosa che esista. Non temono l’uomo, si avvicinano attirati dai lacci delle scarpe, discutono per gli oggetti lasciati a terra. E’ successo con la mia macchina fotografica: in cinque hanno formato un capannello, la beccavano e si guardavano fra loro discutendo su che cosa fosse”.
Quasi mostruosa invece l’immagine offerta dalla pinguinaia: uno sconfinato cimitero fatto di piccoli di pinguino mummificati dal freddo o mangiati dai predatori: “Il luogo in cui avviene la cova delle uova è una zona di riserva e ho potuto accedervi sempre per ragioni scientifiche. Mi aspettavo un luogo di vita, ho trovato un inquietante luogo di morte”.
L’INCIDENTE – L’Antartide è l’ambiente estremo per eccellenza, ovvio che non sia stato tutto facile e bello. I polmoni che bruciano dopo l’attività fisica per l’assenza di umidità, ustioni sulla pelle. Le temperature molto sotto lo zero anche in piena estate, il sole violento riverberato dalla banchisa che può rendere ciechi, le improvvise tempeste di neve e quelle marine, oltre ad alcuni incidenti da brivido. Tutto questo è l’altro bagaglio di esperienze maturato.

C’è stata una volta in cui hai avuto paura?

“Qualche idea di ambienti estremi l’avevo, ma non ero assolutamente preparato a quello che ho trovato. Per esempio mi è capitato di avere un incidente. Ero uscito con un pick up di servizio per spostarmi all’interno della base mentre era in atto una forte tempesta , con masse di neve che arrivavano dalle montagne spostate dal vento a 50 nodi. Avevo deciso di rientrare, ma ho lasciato la parte posteriore dell’auto esposta al vento e in un attimo una raffica ha sfondato il lunotto posteriore e me lo ha scaraventando addosso. La macchina si è velocemente riempita di neve. E’ stato piuttosto critico, ma per fortuna è andata bene”.

armando-con-pesceLA MISSIONERicordiamo il motivo della tua partecipazione alla Spedizione Italiana? 

“Il progetto di ricerca di cui faccio parte prevede lo studio dell’ecologica di particolari parassiti di pesci che sono bio-indicatori importanti per valutare lo stato di salute dei mari”.

REGOLA DI BASE: CONDIVIDERE – Hai detto è stata un’esperienza umana fortissima, quasi un ribaltamento dell’ordine di importanza delle cose.
“Sì, quello che mi ha più impressionato è stato come in un ambiente così estremo la dignità del singolo non dipenda più dall’immagine e dal ruolo, ma dalla capacità di rendersi utile agli altri. Nella spedizione ci sono dal carpentiere all’idraulico, all’ingegnere, fino ai ricercatori. Tra queste figure c’è una sinergia totale, totale è la condivisione di conoscenze. In quel contesto serve solo saper risolvere i problemi che si presentano e che non sono facili. Oggi questo mi manca e anche i ricordi, senza avere qualcuno con cui condividerli, rischiano di diventare meno forti”.

IN FUTURO – Davanti c’è un anno di lavoro durissimo. Il dottorato di ricerca da terminare, le migliaia di larve da estrarre e campionare in laboratorio per dare senso alla campagna di ricerca e un viaggetto al Polo Nord con un importante fotografo naturalista.

Poi? 

Poi, spero proprio di tornare in Antartide.
Sogno o progetto?

Sorride. Credo di avere qualche possibilità.

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