LATINA – Bastano due grammi per salvare un cuore che non riesce più a battere con regolarità. Tanto pesa un micro pacemaker, dispositivo miniaturizzato impiantato in un paziente per la prima volta al Goretti di Latina nella Uoc diretta dal professor Francesco Versaci dall’equipe composta dagli specialisti dell’elettrofisiologia: Rita di Rosa, Marco Petrassi e Piero Savocchi. L’intervento è durato 30 minuti.
“Il micro pacemaker utilizzato – spiega il Professor Versaci, Direttore della Uoc di Cardiologia – ha un decimo delle dimensioni di un pacemaker convenzionale, e viene portato direttamente nel cuore attraverso un apposito catetere. Una volta posizionato, il pacemaker viene saldamente fissato alla parete del cuore e rilasciato. Questo dispositivo che abbiamo impiantato – aggiunge il cardiochirurgo – è stato introdotto utilizzando una tecnica completamente diversa da quella normalmente utilizzata per impiantare i pacemaker convenzionali: non più esternamente al cuore collegato a cateteri, bensì impiantato per via transvenosa, tramite un catetere orientabile”.
IL PAZIENTE – Per il paziente, un anziano con blocco atrio-ventricolare che causa un eccessivo rallentamento del battito cardiaco, era l’unica possibilità. A causa di una grave patologia della tiroide, i vasi venosi che normalmente vengono utilizzati per i pacemaker tradizionali, sono compressi. Ora il paziente è a casa.
“La modalità di impianto non chirurgica e l’assenza di componenti aggiuntive al pacemaker – spiega ancora Versaci- comportano numerosi benefici: un rischio di complicanze più basso, tempi di intervento più brevi, riduzione della degenza ospedaliera, ridotta esposizione alla fluoroscopia per pazienti e operatori, così come l’assenza di protuberanze e cicatrici, miglioramenti nello stile di vita e nella qualità della vita in generale.
La combinazione di questa nuova tecnologia con una procedura transcatetere può essere di notevole beneficio soprattutto per i pazienti più fragili ed a alto rischio, riducendo le complicanze e migliorando i tempi di recupero osservati con i tradizionali impianti di pacemaker con inserimento chirurgico”, conclude Versaci.