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Tempo di WeFree a San Patrignano, una delle comunità più note d’Italia dove, una volta l’anno le porte si aprono ai ragazzi delle scuole della Penisola.
Chi è dentro incontra per due giorni la vita che è fuori. Chi è fuori si scontra con questo mondo difficile da immaginare dove più di mille ragazzi vivono, lavorano, producono, riflettono e scavano dentro se stessi. Dove il tempo si dilata, dove non entra la tecnologia, i cellulari, i computer, la tv. Dove si scrivono le lettere a mano e dove il percorso per ritrovarsi dura almeno tre anni.
I ragazzi che sono in percorso si mettono in gioco, parlano di sé, delle proprie ferite che diventano cicatrici da mostrare. Chi viene dall’esterno, gli ospiti, raccontano le proprie esperienze. E allora ti capita di incontrare persone che, come i ragazzi di Sanpa, hanno attraversato mari in tempesta, eppure non hanno ceduto alla droga, ma hanno usato le difficoltà della vita come una potente arma di crescita interiore. Come Andrea Devicenzi che a 17 anni per un incidente in moto ha perso una gamba e che ha deciso di non essere disabile e di vivere la vita da abile, arrivando a partecipare anche alle paralimpiadi, percorrendo migliaia di chilometri in bicicletta e aiutando gli altri a superarsi. O Guido Marangoni, il comico, che ha scoperto la bellezza di essere padre di una bambina con un cromosoma in più. Storie di straordinaria normalità che dovrebbero accompagnarci nella vita di tutti i giorni. Perché loro non sono persone straordinarie: sono persone che pretendono di essere guardate come tutti. Troppo spesso la disabilità è negli occhi di chi guarda!