LATINA – Se c’è una cosa che emerge prepotente dall’operazione Mosaico scattata giovedì all’alba da parte della procura di Roma e delle Digos di Latina e di Roma, nonostante tutte le cautele usate dagli investigatori nel raccontarla, è che esiste un’organizzazione legata all’Isis, capace di portare estremisti verso l’Italia e che questa organizzazione ha contatti frequenti e ripetuti con Latina dove un gruppo di radicalizzati, oggi in carcere o espulsi, è passato e ripassato. A Napoli questi stessi aspiranti terroristi sono perfettamente in grado di produrre documenti falsi con i quali riforniscono la rete. Lo avevano fatto nel 2015 per consentire ad Anis Amri di raggiungere la Germania in vista di quello che sarebbe poi passato alla storia come la strage dei mercatini di Natale a Berlino, probabilmente volevano fare lo stesso dopo l’attentato, consentendo al terrorista di cambiare la sua identità e coprirsi la fuga. Poi la vicenda ha preso un’altra piega e il viaggio del terrorista è terminato per sempre alla porte di Milano. Le indagini partono da qui.
IL MOSAICO – Un’altra cosa che emerge netta è che gli investigatori della Digos di Latina guidati dal vicequestore Walter Dian hanno già da tempo un quadro chiaro di questo mondo estremo che hanno messo sotto osservazione: hanno espulso in passato personaggi sospetti, altri ne hanno arrestati prima di ieri. I loro movimenti erano noti, tanto da aver fornito la Questura di Latina un contributo essenziale all’indagine che ieri ha portato all’arresto di cinque tunisini (uno è un sedicente palestinese), radicalizzati e che si addestravano con lo scopo di commettere attentati. Insomma, studiavano da terroristi, tutt’altro che sbandati nel senso comune del termine: scientifici nel loro percorso, con un linguaggio esplicito parlano punire gli infedeli, di tagliare loro i genitali. Imparano su internet come modificare armi in commercio e si interessano troppo a mezzi da trasporto tipo pick up dove è possibile montare armi. Sono attentatori in pectore anche se il loro progetto non si è ancora concretizzato in un obiettivo specifico da colpire, la loro azione è orientata a quello.
Gli investigatori hanno lavorato nel silenzio:”E’ stata un’indagine intelligente che ha permesso – ha commentato il Questore Carmine Belfiore soddisfatto per il risultato raggiunto dai suoi uomini – di creare le condizioni perché questi estremisti non potessero nuocere”.
“Non parliamo propriamente di una cellula dell’Isis, non è questo – sottolinea Dian – ma di personaggi di cui abbiamo seguito il percorso di radicalizzazione e che abbiamo fermato in tempo”, assicura.
LE RIVELAZIONI DI REPUBBLICA – Ma emergono oggi nuovi inquietanti particolari su Repubblica nel servizio firmato da Carlo Bonini e Fabio Tonacci esperti di terrorismo, che riferiscono di un attentato già pianificato da parte del gruppo pontino, alla stazione Laurentina di Roma (metro B) che doveva precedere la strage dei Mercatini di Natale, era il 2015 anno in cui Anis Amri arriva a Latina. In sostanza a luglio dello scorso anno gli investigatori della Questura di Roma prendono a verbale il tunisino Yaakoubi Montasser sposato ad Aprilia con un’italiana e che aveva ospitato Amri dopo averlo conosciuto nel viaggio verso l’Italia. L’uomo (detenuto per droga) racconta agli investigatori che con altri sei nordafricani si riuniva sempre il venerdì fuori dalla moschea di Via Chiascio a Latina e insieme progettavano la strage nella Capitale. L’attentato poi di fatto non viene compiuto e l’uomo non spiega il perché. Quello che è noto è invece che il gruppo di scioglie e si sparge tra Francia e Germania e le autorità italiane ne segnalano la presenza ai loro omologhi nei due Paesi europei. Mentre a Latina e in Italia prende il via l’indagine che ieri ha portato agli arresti.
LE TESSERE – Oltre ai cinque arrestati – il 38enne sedicente cittadino palestinese Napulsi Abdel Salem, già in carcere a Regina Coeli, accusato di addestramento ad attività con finalità di terrorismo, i tunisini Baazaoui Akram di 32 anni (nella prima foto da sinistra), Baazaoui Mohamed di 52, Baazaoui Dhiaddine 29 anni e Baazaoui Rabie di 30 (nella foto a destra) – ci sono venti indagati in tutta Italia, dieci solo a Latina che ieri mattina sono stati perquisiti, accusati non di associazione per delinquere e autoaddestramento con finalità di terrorismo come gli arrestati, ma di istigazione a delinquere. Nelle loro abitazioni tra il quartiere Nicolosi nel cuore di Latina e la zona dell’Icot sulla Pontina, è stato sequestrato tutto il possibile: pc, telefoni, documenti che saranno passati al vaglio.