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Linfoma, al Goretti di Latina il primo trattamento con anticorpi bispecifici che bersaglia solo le cellule malate

L'utilizzo del trattamento è avvenuto nella Uoc di Ematologia diretta dal professor Alessandro Pulsoni

(nella foto con il professor Pulsoni a dx  parte della sua equipe della Uoc di Ematologia del Goretti: da sx i medici Sergio Mecarocci, Andrea Corbingi, Elettra Ortu La Barbera, Natalia Cenfra, Luciano Fiori)

LATINA – E’ stata somministrata per la prima volta all’ospedale Santa Maria Goretti di Latina la terapia con farmaci bispecifici, nuova frontiera nella cura dei tumori. L’utilizzo del trattamento è avvenuto nella Uoc di Ematologia diretta dal professor Alessandro Pulsoni, su un uomo giovane colpito da linfoma recidivante.

“Siamo in un momento entusiasmante nella cura delle malattie tumorali di natura ematologica. Oltre alle armi tradizionali, c’è infatti un grande sviluppo di sistemi che servono a potenziare la immunoterapia e che ha già mostrato risultati promettenti. Il nostro paziente era in uno stadio molto avanzato della malattia, aveva già effettuato in passato vari cicli di chemioterapia ed era stato sottoposto a Roma ad un’altra terapia avanzata, senza però avere successo. Questa ulteriore innovativa terapia, che abbiamo sperimentato qui per la prima volta, utilizza un anticorpo monoclonale “bispecifico” in grado di determinare la morte selettiva delle sole cellule tumorali. Il paziente ha superato bene le prime fasi del trattamento e ora verrà proseguito a livello ambulatoriale”, spiega il professor Pulsoni.

Non è stato facile. L’equipe di ematologia si è dovuta formare appositamente e ha dovuto informare e formare a sua volta medici di altri reparti che dovevano essere in grado di intervenire in caso di eventi avversi che sono rari, ma possibili.

“Tale metodica  – aggiunge Pulsoni – presenta una tossicità estremamente ridotta, sostanzialmente rappresentata da febbre e diminuzione della pressione arteriosa, la cui gestione è affidata agli operatori sanitari del servizio, adeguatamente formati. In effetti la difficoltà è proprio quella di essere in grado di fronteggiare in maniera efficace questi nuovi effetti collaterali, come per esempio la sindrome da rilascio delle citochine che va fronteggiata prontamente, qualche volta anche con l’aiuto del rianimatore, della terapia intensiva o della medicina d’urgenza. Ci possono essere raramente anche complicanze di ordine neurologico, quindi serve una preparazione multidisciplinare. E questo è quello che siamo riusciti a realizzare nell’ospedale di Latina dove ci sono tutte le competenze per farlo”.

Ora, grazie al supporto dell’AIL di Latina e dell’ Associazione Laganà, è in corso l’acquisto di apparecchiature che permetteranno il telemonitoraggio in tempo reale dei parametri vitali dei pazienti cui viene somministrata la terapia.

Nel gruppo di lavoro del professor Pulsoni operano anche gli specializzandi Martina Gherardini, Deborah Kasmi e Raffaele Maglione e le infermiere Silveria Giuliani e Sara Ciotti.

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