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di e con Angela Iantosca

Siamo donne

Intorno all'8 marzo

LATINA – Sono stata invitata ad uscire a cena l’8 marzo. E ho rifiutato. Sono decenni che proprio l’8 marzo non esco. Non ho mai amato quelle riunioni che sanno di libera uscita o che fanno pensare che qualcuno ti ha concesso di andare fuori, perché è la tua festa. Non amo l’esasperazione in nessun caso, l’eccesso, ancora di più in queste giornate e in quei contesti che riguardano le donne.
Non comprendo neanche la protesta a seno nudo di fronte a chi per anni non ha fatto altro che ambire a quel seno… Si voleva dire davvero ad una persona di 80 anni che il suo tempo è scaduto? O era semplicemente esibizionismo, trasformando ancora una volta il corpo di una donna in oggetto?
Allo stesso modo non amo i sostantivi che per forza devono essere declinati al femminile, come se questo cambiasse le sorti di una donna quando firma un contratto.
Ricordo ancora quando anni fa in uno dei contratti che mi sono stati sottoposti c’era una postilla che recitava così: qualora l’assunta dovesse aspettare un figlio, l’azienda, per tutelare il bambino, potrà decidere per il licenziamento.
Tutelare il bambino…
Ecco, quindi, cosa c’è da festeggiare? I salari diversi tra uomini e donne? La necessità che esistano le quote rosa per garantire una presenza femminile come se fossimo animali in via di estinzione o una razza da proteggere? Il doversi sempre e comunque difendere quando ci si interfaccia con un uomo, perché se sei simpatica molto probabilmente sei leggera? Il sentire che si vota una persona perché è bona? Il dover sempre provare la propria bravura perché è più facile pensare che se ricopri un certo ruolo lo devi all’amante di turno o al politico di turno?
Forse meglio continuare a lavorare a testa bassa… festeggeremo un giorno. Davvero. Ma tutti insieme. Quando i maschi di domani, leggendo la storia del passato, rideranno del comportamento di alcuni uomini di oggi e le donne scopriranno che un tempo c’era un giorno dedicato a loro.
Festeggeremo un giorno, quando potremo decidere di dire no ad un uomo senza alcuna conseguenza, quando potremo scegliere di interrompere una relazione o un matrimonio senza temere per la nostra vita e per quella delle nostre figlie e senza temere quel giudizio della gente che è la prima condanna a morte per chi sceglie di volersi bene.

 

 

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