vane le soluzioni alternative

Parco del Circeo, per salvare la foresta saranno abbattuti 350 daini l’anno

Il via alle operazioni di riduzione da gennaio. L'Oipa contro il Piano Gestionale dell'Ente

SABAUDIA – Anche se l’idea può non piacere e apparire addirittura cruenta, per salvare la foresta demaniale del Parco Nazionale del Circeo, che è anche un ambiente prezioso dal punto di vista naturalistico ed è Riserva della Biosfera, andrà avanti il Piano gestionale di controllo del daino che significa abbattere circa 350 esemplari l’anno. Per chi ha sempre frequentato l’area, conosciuta per essere uno degli ultimi lembi di foresta di pianura esistenti in Italia, nonché uno dei quattro scenari che fanno del Parco Nazionale qualcosa di unico, la devastazione di ampi tratti, dovuta alla necessità di questa specie di nutrirsi, è evidente e sconcertante. Gli esemplari inoltre si spingono oltre i confini della foresta per cercare cibo e acqua (in estate ne sono stati avvistati addirittura sul mare) mettendo in pericolo gli automobilisti, e la loro riproduzione avviene a ritmi elevati. Alcuni mesi fa di notte si potevano notare decine di cuccioli ai bordi della Pontina.

“Dobbiamo agire per salvaguardarla”, ha spiegato in una conferenza stampa, Giuseppe Marzano, presidente dell’Ente che con Nicola Marrone, Direttore FF dell’Ente Parco; Ester Del Bove, funzionaria del Servizio Biodiversità e Reti Ecologiche dell’Ente Parco, Daniele Paoloni di Istituto Oikos che si occupa del coordinamento scientifico-operativo del Piano e Giorgio Saralli, direttore dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana, hanno illustrato i prossimi passi di una storia cominciata. Praticamente la regola (succede in tutti i parchi italiani) in ambienti da proteggere in cui ci sono squilibri da correggere.

Così dopo aver pubblicato, praticamente senza successo, due bandi per cessioni-adozioni e aver aperto alla sperimentazione di un farmaco contraccettivo, il Parco ha deciso di procedere. Durante la conferenza è stato comunicato che, a seguito degli esiti positivi dello screening sanitario compiuto dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Lazio e Toscana – sezione di Latina, su di un campione rappresentativo di daini, a fine gennaio riprenderanno le operazioni previste dal Piano gestionale con l’obiettivo di portare ad una sensibile riduzione del numero di capi, verosimilmente oggi quasi duemila, che costituiscono un serio pericolo per la biodiversità dell’area protetta e per l’uomo.

“Secondo la normativa vigente fino al settembre scorso, il programma di controllo del daino poteva attuarsi tramite diversi scenari, tra cui anche soluzioni non cruente che il Parco ha cercato di mettere in atto in via prioritaria attraverso appositi bandi per la cessione di capi – spiegano gli esperti – . Proprio in tale contesto, al Parco sono giunte 8 istanze per un totale di 32 capi potenzialmente cedibili a strutture private, che si riducono però a 19 capi in base alle caratteristiche spaziali e tecniche delle strutture ospitanti. Sempre per dare il via libera alle traslocazioni dei capi, previa sterilizzazione, in recinti a scopo ornamentale (le cosiddette “adozioni”) e in aziende agri-turistico-venatorie, tra gennaio e maggio è stato svolto un campionamento sanitario da parte dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Lazio e Toscana – sezione di Latina, sottoponendo 117 capi appositamente abbattuti con arma da fuoco ad esami necroscopici. Tutte le prove diagnostiche di laboratorio realizzate per accertare infezioni riferibili a malattie sottoposte a piani di controllo e/o profilassi hanno dato esiti negativi, dando il via libera al prelievo e trasporto degli animali al di fuori del Parco. Tuttavia, con l’evidente obiettivo di dare più tutela agli animali detenuti in cattività e alla salute pubblica, nell’ottica di prevenire epidemie e pandemie, uno degli ultimi decreti della precedente legislatura – il D. L. 5 agosto 2022, n. 135 promosso dall’ex Ministro Speranza – ha messo in dubbio questa possibilità, dato che il daino non rientra tra le specie autoctone ma nemmeno tra quelle che sono considerate “animale da compagnia”.

Dunque nell’attesa di comprendere se con la recente modifica normativa si potrà procedere con la cessione dei capi si procederà come da Piano Gestionale: con gli abbattimenti. “Prenderanno avvio, nel prossimo mese di gennaio, le operazioni di rimozione, che verranno attuate, al netto di eventuali catture finalizzate alla traslocazione di animali in vivo, tramite prelievo con arma da fuoco, tecnica che si è rivelata efficace e compatibile con le esigenze di sicurezza proprie di un luogo altamente frequentato come la Foresta Demaniale – aggiungono dal Parco – L’obiettivo è quello di prelevare almeno 350 animali all’anno nel corso dei prossimi anni, ovvero un numero necessariamente superiore a quello delle nascite annuali stimate nella popolazione, per giungere così ad un sensibile decremento della specie nell’arco del quinquennio di applicazione del Piano”.

Il Piano di Gestione redatto e adottato dal parco negli anni è stato approvato dalla Regione Lazio, dall’Istituto Superiore per la Protezione Ambientale – ISPRA e dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (oggi Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica).

LA CONTESTAZIONE – Ma l’Oipa non ci sta e annuncia un possibile ricorso. “Il Parco nazionale del Circeo le chiama “operazioni di rimozione” e prenderanno il via a gennaio. In realtà si chiamano sanguinarie uccisioni dei daini a colpi di proiettile in quella che dovrebbe essere una zona di protezione totale –  fa notare l’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa) che torna a chiedere la revisione del Piano presentato dall’Ente Parco, il quale ritiene il “prelievo con arma da fuoco” una “tecnica che si è rivelata efficace e compatibile con le esigenze di sicurezza proprie di un luogo altamente frequentato come la Foresta Demaniale”. Per questa ragione il presidente dell’Oipa, Massimo Comparotto annuncia: «Ci riserviamo di ricorrere contro tale atto per la tutela degli animali ricordando inoltre che nel 2020 il Consiglio direttivo dell’Ente aveva ribadito che avrebbe attuato “tutte le possibilità, non cruente e senza sparo, iscritte a vario titolo nel Piano per raggiungere l’obiettivo della diminuzione della popolazione di questa specie per ridurre la pressione sul territorio: spostamenti interni ed esterni, verifica su efficacia di sperimentazione farmaci immunocontraccettivi condivisa con organi competenti  Questo impegno è stato disatteso».

COME IL DAINO E’ ARRIVATO NEL PARCO DEL CIRCEO – Arrivato nel Parco per errore dell’uomo, il daino si è insediato negli ultimi decenni nella Foresta Demaniale, dove in pochi anni ha raggiunto consistenze eccezionali che hanno un impatto molto negativo sulla biodiversità locale e creano rischi stradali, sanitari ed economici. Sulla base degli ultimi monitoraggi, compiuti nell’estate 2020 per mezzo di avvistamenti con termocamera su transetti notturni, i daini risultavano essere 1.767, con un aumento del 39% in soli 5 anni (nel 2015 erano stimati 1.268 capi). L’intensa attività di brucatura da parte della specie ha già determinato la rarefazione di svariate specie vegetali e l’assenza di rinnovazione forestale, determinando una semplificazione della Foresta. Tale impoverimento è ovviamente un problema anche per molte specie animali presenti, alcune delle quali stanno scomparendo. Senza parlare del rischio di collisione tra i daini e gli autoveicoli lungo le strade che intersecano e delimitano la Foresta, altissimo soprattutto nelle ore notturne.

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