LATINA – A un anno e mezzo dal sequestro, scatta la confisca per i beni di Luciano Iannotta, l’imprenditore di Sonnino ed ex presidente di Confartigianato Latina finito sotto processo per una sfilza di reati nell’inchiesta Dirty Glass, coordinata dalla Dda di Roma. Si tratta di un patrimonio stimato di circa 50 milioni di euro.
I BENI CONFISCATI – Ad eseguire il provvedimento del Tribunale Sezione Misure di Prevenzione di Roma questa mattina sono stati gli investigatori del servizio centrale anticrimine della Polizia e della divisione anticrimine della questura di Latina. I beni che entrano così nel patrimonio dello Stato perché considerati di provenienza illecita sono costituiti da beni riconducibili a Iannotta, direttamente o a suoi prestanome sono oltre che beni materiali, mobili e immobili, assetti societari e rapporti finanziari. Si tratta di una impresa individuale, una fondazione, la totalità delle quote e dell’intero patrimonio aziendale di 37 compagini societarie, di cui 4 con sede nel Regno Unito e 2 in Moldavia, di 119 fabbricati e 58 terreni, 57 veicoli, e 72 rapporti finanziari, per un valore complessivamente stimato di circa 50 milioni di euro. A fronte di questo impero, un reddito dichiarato modesto, in qualche caso insufficiente anche al semplice soddisfacimento delle esigenze quotidiane personali e del suo nucleo familiare. (nella foto la lussuosa villa con piscina sequestrata)
La proposta di confisca era stata inoltrata dal questore di Latina Raffaele Gargiulo.
I REATI – Arrestato nel 2020, nell’ambito dell’ operazione DIRTY GLASS, condotta dalla Polizia di Stato con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, in quanto ritenuto responsabile, in concorso con altri, dei reati di calunnia, sostituzione di persona, bancarotta fraudolenta, trasferimento fraudolento di valori, sostituzione di persona, omessa dichiarazione ai fini delle imposte, corruzione, autoriciclaggio, ricettazione, sequestro di persona, detenzione abusiva e porto di arma comune da sparo, accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, rivelazione e utilizzazione di segreti di ufficio, favoreggiamento personale, truffa aggravata, turbata libertà degli incanti e estorsione aggravata dal metodo mafioso.
L’inchiesta – sottolineano dalla Questura di Latina in una nota – ha consentito di disvelare un vero e proprio “sistema”, ossia una fitta rete di relazioni incentrata sulla figura del proposto nella quale sono confluiti gli interessi sia della malavita pontina e campana sia dei rappresentanti delle pubbliche istituzioni infedeli. Un “sistema” caratterizzato da una spiccata pervasività in plurimi ambiti della società, nei vari settori economici, sportivi e delle istituzioni pubbliche e private, che ha permesso all’imprenditore di accumulare un ingente patrimonio immobiliare e mobiliare.
Iannotta si serviva di un gruppo di società, alcune con sede nel Regno Unito e in Moldavia intestate a prestanome, attraverso le quali sono state realizzate diverse attività illecite tra cui un traffico di mezzi d’opera risultati rubati, l’evasione delle imposte sul reddito e dell’iva (tramite fatturazioni per operazioni inesistenti tra società infragruppo), il riciclaggio di denaro proveniente dalla criminalità organizzata campana, la sottrazione dei beni dalla massa del fallimento di società condotte sul lastrico dopo averle spogliate dei beni cedendoli ad altre società del gruppo con pagamento del prezzo mediante compensazione di falsi crediti generati con la fatturazione di operazioni inesistenti oppure sottraendo dalle casse delle cedenti prossime al fallimento le somme del prezzo appena incassato mediante pagamenti di false fatture a favore di altre società del gruppo. Con le procedure fallimentari venivano anche frodati i creditori con l’aggiudicazione dei beni fallimentari a prezzi sensibilmente ribassati a seguito della turbativa preventivamente posta in essere dal proposto e suoi complici al fine di allontanare gli altri offerenti.
Secondo gli investigatori l’ex Presidente di Confartigianato con un passato anche in politica come consigliere comunale di Sonnino, “ha dimostrato un’elevata capacità di infiltrarsi in imprese in difficoltà con la falsa prospettiva di poterle risollevare (mediante iniezione di nuova linfa finanziaria), celante invero l’intenzione di estrometterne dalla gestione i legittimi titolari per spogliarle dei beni e quote di mercato. Ciò, ad esempio, è avvenuto con una storica società pontina, giunta ad essere tra i leader nazionali nell’ambito della produzione e commercializzazione di contenitori in vetro per il settore alimentare, nella quale l’imprenditore si era insinuato nella gestione di fatto, con tutto il suo staff di professionisti, con la “promessa” di risollevarla dalla crisi di liquidità che stava attraversando da alcuni anni, ma che in realtà è stata spogliata dei beni, dopo averne estromesso dalla gestione i proprietari”.