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il problema delle diagnosi tardive

Leucemie, in Ematologia al Goretti record di trapianti nell’anno del Covid-19

Il professor Cimino: "Vitale restare Covid free, ma è una sfida continua". Ortu La Barbera: "36 autotrapianti in questa "bolla"

LATINA – Una mamma e due bambini mangiano la pizza sotto la finestra del reparto di Ematologia dell’ospedale di Latina. Il cartone fa da tavola, in un gesto di condivisione con il papà affacciato dietro il vetro, ricoverato e inaccessibile a causa della patologia che lo rende fragile, ancora di più oggi, con il Covid in giro.

LA PAURA DEL VIRUS –  “Se la mortalità per Covid è intorno al 5-6%, tra i pazienti che hanno il tipo di patologia che si cura qui, leucemie, linfomi, la mortalità è significativamente più alta e sale al 40%”, spiega il professor Giuseppe Cimino, direttore del Dipartimento di Biotecnologie cellulari ed Ematologia del Goretti. Per questo si seguono percorsi diversi, covid e no-covid, ma la separazione non è facile e nemmeno sempre così netta. “Ma se il virus entrasse qui farebbe strike”, commenta al telefono una paziente ricoverata.

RECORD TRAPIANTI – Un reparto che non si è mai fermato e anzi ha conosciuto, nell’anno della pandemia, un nuovo record: 36 trapianti di cellule staminali nel 2020 contro una media annua che si è attestata in genere tra i 20 e i 30 l’anno. “Le cellule staminali vengono raccolte nel Centro Trasfusionale, processate e congelate nel nostro laboratorio di crioconservazione e poi trasfuse nel paziente dopo una chemioterapia ad alto dosaggio. Un iter terapeutico che richiede un’assistenza medica e infermieristica importante e ha tempi molto stretti, che vanno rispettati, perché parliamo di terapie salvavita e, in questo senso, il covid ha impattato molto poco sulle nostre attività”, sottolinea la dottoressa Elettra Ortu La Barbera che dirige l’Unità clinica Trapianti di Cellule Ematopoietiche Staminali, un centro che ha ottenuto l’accreditamento di eccellenza JACIE. “Oltre ai trapianti autologhi, abbiamo continuato a garantire i trapianti allogenici (da donatore), inviando a Tor Vergata chi ne aveva bisogno, in un percorso che è stato sempre garantito, anche se con grandi difficoltà nel reperire donatori da registro internazionale”.

LA PAZIENTE – Tra i trecento pazienti oncoematologici in trattamento chemioterapico attivo c’è Sandra, una maestra 40enne di Latina che ha vissuto, tra dentro e fuori, tutta la pandemia, con le paure e le difficoltà che l’accompagnano: “Sono entrata a febbraio e ora sono di nuovo in ospedale. In questo reparto le persone hanno continuato a lavorare e ad accudirci come sempre, e sono stata chiamata sempre nei tempi giusti per le terapie e per i controlli. Ma quello che ho visto fuori, e che mi ha colpito e spaventato, è lo scarso rispetto delle regole che invece è fondamentale. Non sanno evidentemente quello che accade qui, dove sanitari e pazienti rischiano tutti i giorni”.

COVID FREE UNA SFIDA CONTINUA – Ma che cosa non ha funzionato? “La situazione di marzo era meno complessa di oggi. Anche se fino ad ora nessuno dei pazienti, né il personale sanitario del nostro reparto, si è mai infettato, mantenere una situazione di covid free risulta in questo momento più difficile, anche per l’impossibilità oggettiva di mantenere perfettamente separati alcuni percorsi. E questo è uno dei problemi che viviamo. Per evitare l’accesso dei nostri pazienti immunodepressi in ospedale, invece, ci ha dato una grande mano la telemedicina e tutto quello  che è stato possibile fare a distanza è stato risolto con questa modalità – aggiunge il primario Giuseppe Cimino – Continuiamo a vedere in ospedale i pazienti in terapia attiva e a garantire la piena attività di ricovero”.

DIAGNOSI TARDIVE – Si cominciano anche a rendere palesi gli effetti di diagnosi tardive dovute alla paura delle persone di fare controlli di prevenzione o di rivolgersi al medico durante la pandemia. “Erano trent’anni che non vedevamo stadi di malattia tanto avanzati – conclude Ortu La Barbera –  Sono arrivati pazienti con masse di malattia importanti, persone che durante la pandemia non si sono rivolte ai medici avendo disturbi che poi si sono rivelati gravi”.

IL LOCKDOWN PER QUALCUNO NON E’ FINITO – “Se potessi chiedere qualcosa, sarebbe invitare tutti a rispettare le regole. Lo dico io, ma sono solo una delle tante persone che stanno facendo questa esperienza. Per me il lockdown non è mai finito:  sono entrata qui in piena pandemia e sono ancora in pandemia. Se rispettiamo le regole ne usciamo vivi tutti”, conclude Sandra.

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