ASCOLTA RADIO LUNA ASCOLTA RADIO IMMAGINE ASCOLTA RADIO LATINA  

tanti giovani al Check point

Aids, 16 nuove diagnosi al Goretti: “I nuovi Hiv positivi sono di ogni età e uomini”

Il ricordo dei pionieri: "Tra il 1985 e il 1996 gli anni più bui"

LATINA – L’immagine più azzeccata della Giornata Mondiale per la lotta all’Aids a Latina è stata la fila di ragazzi sotto i portici del Circolo Cittadino dove i volontari del Latina Check point hanno allestito uno spazio-tenda per fare i test rapidi per Hiv e altre malattie sessualmente trasmissibili (Epatite C e Sifilide), e per offrire consulenza sulla salute sessuale. Una prova di rinnovata consapevolezza da parte dei giovani, di attenzione da parte delle autorità sanitarie in un periodo in cui si parla solo di Covid, ma anche la testimonianza che sta funzionando e trova riscontro positivo l’attività di informazione/prevenzione attuata, dal Check Point, la neonata struttura fuori dall’ospedale di Latina e frutto della collaborazione tra la Uoc di Malattie Infettive, l’ Università Sapienza, la Asl, il Comune di Latina e l’Associazione Seicomesei.

LE NUOVE INFEZIONI – Quella del 1 dicembre, tra musica e gli interventi di esperti (anche dall’Africa), è stata l’occasione annuale per illustrare i dati nazionali e locali e tracciare il bilancio sulle nuove diagnosi da Hiv che in provincia di Latina si sono ridotte sensibilmente arrivando a 16 (dalle 29 del dicembre 2019 prima della pandemia), ma a fronte di un numero minore di test eseguiti. Si tratta di persone di ogni età, giovani e meno giovani, principalmente maschi che si sono infettati per via sessuale dopo rapporti non protetti eterosessuali o omosessuali. “Negli anni della pandemia l’attività di testing si è quasi dimezzata, ma la riduzione delle nuove diagnosi da HIV si può ritenere che sia in parte dovuta anche all’incremento delle strategie terapeutiche utilizzate in prevenzione – hanno sottolineato le infettivologhe Raffaella Marrocco e Giulia Mancarella, rimarcando che gli interventi sul territorio come il checkpoint appaiono fondamentali per mantenere l’attenzione sul tema.

Un anno importante il 2021, perché ricorrono i 40 anni dalla primo caso di Aids scoperto nel mondo (negli Usa da Robert Gallo) e per ricordare 40 anni di lavoro e progressi su questo fronte: dalla morte certa alle cure, senza mai avere un vaccino. “E’ importante ricordare questi 40 anni perché abbiamo fatti dei passi avanti enormi soprattutto in termini di terapia e di capacità di affrontare  questa infezione nelle persone Hiv positive, ma dall’altra anche tanti ostacoli: per  prima cosa riuscire a fare il test facilmente e il più rapidamente possibile, dall’altra combattere lo stigma, la paura che ancora c’è”, ha sottolineato la professoressa Miriam Lichtner, oggi direttrice di Malattie Infettive, che era una giovane specializzanda al Policlinico Umberto I quando arrivarono le prime scatole di antiretrovirali. Al Gemelli lo stesso capitò a Cosmo Del Borgo oggi medico presso la Uoc di Malattie Infettive che ha raccontato la sua esperienza rivolgendosi ai giovani medici in formazione del reparto, ai quali fra qualche settimana spetterà anche il compito di aprire le scatole dei primi farmaci per bocca contro l’infezione di oggi, quella da Covid.

LE TESTIMONIANZE – Al Goretti di  Latina era il 1985 quando fu diagnosticato il primo caso, era infatti l’anno in cui furono resi disponibili i test. “La prima fu una ragazza, la media di chi si infettava era di 18 anni per le donne e  20 per gli uomini, erano principalmente tossicodipendenti che come in un rito di scambiavano le siringhe. La prognosi allora era infausta e la morte certa, si moriva di tante malattie, infezioni che non avevamo mai conosciuto in quella virulenza, il momento di svolta arrivò nel 1996, quando arrivarono le prime terapie. Decidemmo di somministrarle ai dieci pazienti più gravi: funzionavano, alcuni di loro sono ancora vivi”, ha ricordato l’infettivologo Fabrizio Soscia tra i pionieri al Goretti.

“Sono stati anni molto faticosi e dolorosi, abbiamo fatto di tutto per rendere la vita un po’ più sopportabile a questi pazienti, spesso no si faceva nemmeno a tempo a fargli avere l’accompagno perché morivano. Abbiamo creato una rete territoriale e fondato un’Associazione. E se oggi c’è ancora lo stigma, in quegli anni le persone avevano paura anche di noi che ci occupavamo di questi pazienti. Molti preferivano non incontrarci”, ha raccontato Mimma Acito, in quegli anni assistente sociale e poi perno del Centro di Riferimento Aids di Latina.

LA SITUAZIONE OGGI  – Oggi il Centro Aids di Latina è arrivato a seguire oltre 500 pazienti che sono in un continuo aumento. Il dato più positivo  è che gli Hiv positivi “risultano per la quasi totalità in trattamento antivirale e quindi aviremici, cioè non contagiosi”. Il dato più negativo invece riguarda le diagnosi: “Una quota molto alta, il 75% dei soggetti che scopre di essere positivo arriva tardivamente e ha fatto il test solo perché stava male. E’ una cosa che non vorremmo mai vedere”,  dicono gli infettivologi del Goretti.

Clicca per commentare

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

In Alto