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il racconto

Negoziatori dell’Arma : “Ci vuole empatia, ascolto, comprensione per chi soffre. Non usiamo l’uniforme né la forza “

Parlano gli specialisti che hanno salvato l'uomo che minacciava di gettarsi da un palazzo di Corso Matteotti a Latina

LATINA – Li chiamano negoziatori, sanno mettersi in ascolto di chi soffre e le loro parole hanno la capacità di diventare balsamo. Quando intervengono in una situazione di crisi non indossano la divisa e non usano la forza.  Sono queste le principali caratteristiche degli specialisti dell’Arma dei carabinieri intervenuti in Corso Matteotti a Latina per tentare di salvare un uomo che minacciava il suicidio. Uno di loro è in servizio presso il comando provinciale di Latina, è il maresciallo Paolo Usai, negoziatore di primo livello selezionato al termine di un percorso di addestramento gestito dal Gis di Livorno. Con il collega maresciallo capo, Maicol Monnanni, mercoledì,  hanno risolto una difficile situazione.

Per capire chi sono, come vengono formati, come agiscono, abbiamo chiesto al Comando provinciale dei carabinieri di Latina di poterli intervistare e abbiamo ottenuto il via libera del Comando Generale dell’Arma che ringraziamo.

Vista la delicatezza della situazione, già nei primissimi frangenti  dell’intervento, il comandante provinciale di Latina, colonnello Cristian Angelillo, in accordo con il comandante del Reparto Operativo, il tenente colonnello, Salvatore Pascariello in qualità di Incident Commander, ha deciso di inviare sul posto i due negoziatori. Da quel momento ci sono volute oltre dieci ore di lavoro trascorse sul terrazzo condominiale di un palazzo di sei piani per riuscire a convincere, senza usare mai la forza, ma con la sola capacità di persuasione delle parole, un 53enne di Latina, seduto sul cornicione con le gambe penzoloni nel vuoto, a desistere dal suo intento suicida. Una vicenda che ha tenuto tutti con il fiato sospeso e che difficilmente, senza l’intervento degli specialisti dell’Arma, avrebbe potuto avere un esito positivo.

Com’è andata, ci racconta come sono state quelle dieci ore?

“Non entrerò in dettagli sull’intervento specifico, perché abbiamo l’obbligo di tutelare la persona che vive questi momenti di sofferenza umana anche dopo la fine dell’intervento. Voglio premettere che non sempre ci troviamo davanti a persone che hanno problemi di natura psichiatrica, i problemi possono essere i più disparati. Il caso avvenuto a Latina ci ha sicuramente dato preoccupazione. Abbiamo controllato la situazione sia sotto il profilo della sicurezza, sia dell’aspetto psicologico ed emotivo, fino a portare la persona a calmarsi, a rilassarsi e infine a desistere”.

Come si agisce? Qual è la prima cosa da fare?

“Cerchiamo subito di entrare in contatto con chi ha bisogno di noi, bisogna saper ascoltare, entrare in empatia per comprendere quale è la sua reale situazione. Servono sensibilità e attenzione”.

Come vi presentate? Indossate la divisa per essere riconoscibili, o invece no?

“Ci presentiamo sempre in borghese e difficilmente usiamo la casacca di carabinieri negoziatori, comunque non andiamo mai in uniforme.  Chi si trova in difficoltà non si deve trovare davanti un carabiniere, ma una persona che può aiutarlo e che vuole aiutarlo”.

Mercoledì avete temuto di non farcela, che la situazione potesse precipitare? Quale è stato il momento più delicato? 

“Le cose potevano precipitare in ogni momento, perché l’uomo era sul cornicione con le gambe nel vuoto e poteva scivolare o sentirsi male e quindi cadere anche senza volerlo”.

Come si diventa negoziatori?  

“Per diventare negoziatori bisogna fare una prima selezione che viene svolta presso il Centro nazionale di selezione reclutamento Carabinieri di Roma e una volta superata questa parte si può svolgere il corso dei negoziatori, che è un corso comunque molto duro e selettivo che viene svolto presso l’Isti, l’Istituto Superiore di Tecniche Investigative dell’Arma dei Carabinieri, curato e gestito da istruttori del Gis, il Gruppo Intervento Speciale di Livorno. Il corso dura tre settimane ed è strutturato dando molto risalto alla parte pratica attraverso la realizzazione di scenari reali con il quale il negoziatore si dovrà confrontare. Normalmente i negoziatori di primo il primo livello, come noi che siamo sul territorio, sono addestrati ad intervenire solamente in casi di suicidi e barricamenti domestici.  Ma veniamo preparati per gestire anche situazioni molto più complesse in attesa dell’arrivo del gruppo intervento speciale dei carabinieri di Livorno, vale a dire tutte quelle situazioni dove ci sono persone armate, dove ci sono ostaggi. Nel quotidiano svolgiamo il nostro lavoro“. 

Quale è il percorso e perché lei ha deciso di candidarsi a questo ruolo così delicato?

“Io personalmente ho preso questa decisione perché credo molto nel dialogo e penso che oggi molte persone abbiano bisogno proprio di essere ascoltate, e sempre meno spesso si incontrano persone disposte a rivolgere la giusta attenzione agli altri. Siamo sempre troppo presi dai nostri interessi e tendiamo quindi all’isolamento. C’è anche da dire che l’incarico di negoziatore si affianca al lavoro quotidiano di carabiniere e ci permette di coltivarlo in maniera maggiormente qualificata. Grazie alla specializzazione che abbiamo conseguito possiamo agire sempre con quella giusta attenzione che è rivolta all’aiuto delle persone più deboli e dei soggetti che si ritrovano a vivere comunque momenti di difficoltà”.

QUI L’INTERVISTA INTEGRALE IN FORMATO AUDIO

 

 

 

 

 

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