operazione dei carabinieri

Latina, in manette dipendente infedele della Procura e operatori finanziari: in tutto 13 arresti. IL VIDEO

Falsificavano i documenti per l'accesso al credito di chi non poteva. Il colonello D'Aloia: "Intercettazioni ambientali e video"

LATINA – Se qualcuno aveva difficoltà ad accedere al circuito del credito legale, ci pensavano loro, con una consulenza ad hoc e falsificando i documenti. Così, Francesco Santangelo, dipendente del Ministero della Giustizia in servizio presso la  Procura della Repubblica di Latina e cinque operatori finanziari sono finiti in manette questa mattina in un’operazione dei carabinieri del comando provinciale di Latina a Latina, Frosinone, Formia, Fondi  e Nettuno che ha portato anche agli arresti domiciliari altre sette persone.

In carcere sono finiti anche Sergio Andrea Di Barbora; Marco Scarselletti, Giorgio Vidali, Marco Capoccetta e Giuseppe Cotugno. Agli arresti domiciliari sono: Nicola Natalizi, Serena Capponi, Giovanna Villani, Claudia Muccitelli, Loredana Mattoni, Serenella Mura e Fortunato Capasso. Due degli indagati sono dipendenti della Asl di Latina.

I militari del Comando Provinciale di Latina guidati dal colonnello Lorenzo D’Aloia hanno  eseguito l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Latina Giuseppe Cario su richiesta del Procuratore aggiunto Carlo Lasperanza e dei pm De Lazzaro e Giammaria nei confronti di 13 persone ritenute responsabili, a diverso titolo, dei reati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata , falsità materiale commessa dal P.U. , falsa attestazione della presenza in servizio del pubblico impiegato, autoriciclaggio , contraffazione di pubblici sigilli , sostituzione di persone , esercizio abusivo dell’attività finanziaria , rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio , abuso d’ufficio , favoreggiamento  e corruzione per l’esercizio della funzione .

La misura cautelare dopo le indagini del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Latina guidato dal colonnello Michele Meola che ha documentato come agiva il sodalizio criminale facendo emergere anche uno spaccato di disperazione. Chi si serviva del gruppo, era spesso indebitato fino al collo, magari affetto da ludopatie, con la busta-paga già “impegnata” con la cessione del quinto, protestati o gravati da precedenti. L’organizzazione, dedita alla abusiva attività finanziaria e mediazione creditizia, all’ insolvenza fraudolenta e alla frode a società finanziarie, si occupava tutto, anche di far sparire dagli archivi i documenti che impedivano di accedere al credito.

“Un’attività articolata e complessa durata a lungo, attraverso attività di intercettazione telefonica, telematica, ambientale e anche video” – ha spiegato il comandante provinciale dell’Arma, D’Aloia – L’associazione reclutava clienti esclusi dalla possibilità di accesso al circuito del credito per incapacità reddituale o per segnalazioni pregiudizievoli esistenti presso il sistema di informazione creditizio, fornendo loro consulenze personalizzate per l’individuazione dell’istituto di credito o dell’intermediario finanziario a cui indirizzare pratiche di finanziamento con modalità fraudolente, ossia mediante l’oscuramento dei dati pregiudizievoli e la contraffazione delle buste paga; successivamente la documentazione predisposta veniva inoltrata dal gruppo alle società finanziarie”. Il ruolo del dipendente della Procura.

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