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il caso

Formia, Legambiente: “Nessun mistero, i dischetti neri sulle spiagge vengono da un depuratore”

Il materiale inquinante è costituito da flotting bools usati nell'ultima fase di trattamento delle acque

FORMIA – “Nessun mistero, sono flotting bools, quasi certamente del tipo T3, una variante dei dischetti che provocarono il disastro del depuratore di Capaccio”. Legambiente interviene sull’episodio segnalato nei giorni scorsi nel sud pontino anche dall’ex sindaca di Formia Paola Villa. Quei fiori di plastica nera spiaggiatisi da Sant’Agostino a Vindicio rappresentano secondo l’associazione ambientalista “un ennesimo episodio di inquinamento dovuto a dispersione nell’ambiente di masse fluttuanti utilizzate nei depuratori nella ultima fase di trattamento”.

“Siamo lieti che vengano nuovamente riaccesi i riflettori su una vicenda non nuova e da noi denunciata più volte, l’ultima il 16 dicembre del 2020 data a cui risale la nostra segnalazione alla quale si aggiunsero alcune precisazioni a conferma del Presidente Provinciale del CNA Balneari Gianfilippo Di Russo e oggetto di nostre ripetute campagne di bonifica fatte negli anni scorsi proprio sulla spiaggia di Vindicio. In quella occasione, oltre a denunciare pubblicamente il ritrovamento, Legambiente documentò fotograficamente il rinvenimento e a raccoglierne una notevole quantità evitando che nuovamente si disperdessero  nell’ambiente creando gravi danni all’ecosistema. Nessun mistero su cosa siano quindi questi piccoli oggetti di plastica neri nuovamente rinvenuti e raccolti sulla spiaggia di Vindicio grazie all’intervento di altri volontari a cui esprimiamo il nostro plauso.  Come si ricorderà in quelle circostanze Legambiente Sud Pontino fu il Circolo che per primo segnalò e denunciò l’episodio, portando alla individuazione e al rinvio a giudizio presso il tribunale di Salerno, con l’accusa di inquinamento e disastro ambientale, dei probabili responsabili . Confermata questa nostra ipotesi, che si tratti proprio dei citati T3, essi sarebbero stati prodotti negli anni scorsi per la multinazionale francese Veolia che, come per il depuratore di Capaccio, detiene diversi brevetti per il trattamento delle acque reflue. Questa tecnologia è anche impiegata in alcuni depuratori del nostro comprensorio nelle vicinanze dei ritrovamenti”.

Legambiente rinnova l’invito alle autorità competenti di fare ora finalmente luce su un episodio di inquinamento ambientale la cui estensione e gravità non è stata accertata e che, come i recenti rinvenimenti hanno messo in evidenza, ha lasciato una traccia indelebile nel nostro ecosistema “

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